UN MOVIMENTO CHE SCARICA SUL PAESE I SUOI CONFLITTI
La Nota
C’è qualcosa di commovente, nel modo in cui il Movimento Cinque Stelle cerca di negare contrasti interni. I grillini sono costretti a organizzare vertici in extremis perfino per avallare la candidatura di un presidente nella Liguria del «garante», il comico Beppe Grillo: il protettore del governo e dell’asse col Pd. Si parla di rimpasto che anche il M5S evoca sotto voce: sebbene pochi ci credano. E tra Palazzo Chigi e Farnesina si ostentano in pubblico solidarietà e lealtà, mentre sottotraccia il premier Giuseppe Conte e il ministro degli esteri, Luigi Di Maio, si scalciano ogni giorno.
La fine dell’emergenza del coronavirus sta radicalizzando la spaccatura nella formazione maggiore del governo. Le spinte centrifughe erano latenti da mesi, ma ora vengono accelerate dall’incertezza; e nonostante il terrore dei parlamentari che si possa precipitare verso elezioni anticipate. Oltre la metà di loro, probabilmente, non sarebbe rieletta, perché a settembre si celebrerà il referendum voluto dal M5S sul taglio del numero di deputati e senatori. E i sondaggi fotografano una perdita verticale di voti e di credibilità.
Il rischio di scaricare ancora di più queste convulsioni sul Paese è palpabile. Ieri il leader pro tempore Vito Crimi ha fatto smentire una contrapposizione tra lui e Di Maio. «Lavorano in accordo», è stato precisato anonimamente. E per tentare di esorcizzare i malumori contro alcuni ministri e ministre del Movimento, Crimi si è esibito in un’accorata difesa d’ufficio. «La nostra squadra si è sobbarcata enormi responsabilità: penso in particolare ai ministri Azzolina e Catalfo, al centro di fantasiosi retroscena». Averle citate conferma che sotto tiro sono soprattutto le ministre della Pubblica istruzione e del Lavoro.
L’attacco della Cgil contro Azzolina sulla riapertura delle scuole si è saldato con quello delle opposizioni. Le accuse di inadeguatezza e di incompetenza si moltiplicano: al punto da portare il M5S ad accomunare i sindacati a Matteo Salvini e Giorgia Meloni, capi dell’opposizione: accostamento foriero di ulteriori tensioni, come la sfida in tv lanciata da Azzolina al leader leghista. Si accentua la sensazione che al Movimento manchi un baricentro per difetto di leadership e di cultura di governo; e soprattutto per il conflitto al vertice e, a cascata, nelle retrovie.
Di Maio ieri ha chiesto a «tutto il Paese di stringersi intorno a Conte», impegnato nelle trattative a Bruxelles sugli aiuti. Eppure, il mandato del premier è indebolito dai dissensi che ristagnano all’interno della maggioranza e del M5S. Il risultato è che Conte appare strategicamente subalterno alle decisioni altrui. I «no» grillini sul prestito europeo del Mes continuano a essere una zavorra pesante per un negoziato già in salita. Per di più sullo sfondo di un autunno di crisi economica e, forse, sociale.