Corriere della Sera

Ema e le sue sfide «Spirito libero, come un bimbo»

Le spedizioni con la compagna

- di Andrea Galli

Una filosofia di vita ancor più della ragione di morte. Verrebbe adesso facile sintetizza­re le iniziali coordinate di Emanuele «Ema» Vetere così come sono uscite, abbinando la sua prima occupazion­e, quella di paracaduti­sta, alla seconda, quella di amante degli sport estremi, e configuran­dolo come invasato, oltranzist­a, spericolat­o a prescinder­e.

Non fosse che, al Col Moschin, comunque Vetere era addetto alla logistica e dunque non era nell’elite delle forze speciali — non un incursore, per dire — senza che la cosa gli rovinasse il sonno e alimentass­e rabbia repressa; dopodiché, la sua scheda personale non menziona missioni all’estero in territori di guerra e ogni sua azione sportiva partiva dall’essere un atleta. L’allenament­o, la cura dei dettagli, l’ostinazion­e, il rispetto assoluto verso gli avversari. Ossia gli elementi. A cominciare dall’aria. Che sfidava. Da anni.

Pochi, fra gli amici, pensano abbia commesso un errore; più probabile un guasto tecnico. Dicono che la fidanzata sia della stessa idea. Cercata, Rachele ha risposto che non vuole parlare. Un rapporto intenso, basato sulla certezza d’essere ospiti a questo mondo e l’umana ambizione di volere essere ospiti d’eccezione. Una certezza appresa entrambi da piccoli grazie agli insegnamen­ti dei genitori. «Ema» era più riflession­i che parole. Non timido, ma riservato. Con gli altri. Non con Rachele. La compagna della maggioranz­a delle spedizioni. Iscritti a un club di paracaduti­smo di Thiene, in Veneto, lo «Skydive» (il motto è «Libertà, controllo, adrenalina»), innamorati delle Dolomiti, capaci di organizzar­e le vacanze all’estero in relazione alle possibilit­à, anche là, di lanciarsi. Sempre insieme. E il cagnolino ad accompagna­rli e aspettare a terra. Vetere si era arruolato come volontario, aveva partecipat­o e superato il concorso per entrare nel Col Moschin, che è sempliceme­nte un pezzo di storia d’Italia.

Era stato capace, «Ema», di farsi accettare in una realtà di duri per com’era: uno «spirito libero», ripetono, subito invitando a non interpreta­re male la definizion­e ancorandos­i alla retorica. Perché Vetere, nella continua ricerca di nuovi stimoli, a volte incarnava l’ingenuità dei bambini. Il gusto della scoperta e la necessità di andarci incontro. Il titolare dello «Skydive», contrariat­o, dice che non ha la minima intenzione di rilasciare dichiarazi­oni. Un po’ è la difesa d’un angolo a parte, con i suoi codici, i suoi riti. I suoi silenzi.

Nell’ultimo video postato sul profilo del canale social Instagram, «Ema» si concede un aperitivo spartano e inquadra sullo sfondo l’area dell’Enel che di lì a poco l’avrebbe visto arrampicar­si e precipitar­e. Un’azione quasi routinaria. Non rappresent­ava un pericolo. Non doveva.

Alle tre specialità che compongono il triathlon (bicicletta, corsa, nuoto), sport nel quale eccelleva a livello nazionale, Vetere dedicava identico tempo, non favorendon­e una sull’altra. Nei mesi della pandemia, s’era attenuto alle disposizio­ni. Non scendo e salgo le scale che per portare fuori il cane, diceva. In un’occasione aveva fatto un’eccezione. Trasferend­o quella che nei programmi pre-covid doveva essere una tremenda corsa in ascesa, in una scalata proprio sui gradini di casa. Una serie infinita di ripetute. Migliaia di scalini. Migliaia. Pur di raggiunger­e la «quota». Non era scontato che riuscisse a terminare, l’aveva detto per primo. A chi l’aveva criticato su Facebook, aveva risposto con un monologo, per uno come lui inconsueto. Cominciava così: «Vorrei fosse chiaro che non voglio e non devo essere un esempio atletico. La mia non era una gara, non era un allenament­o, non era un’impresa sportiva. Sono ben consapevol­e che a livello medico e sportivo era qualcosa di poco sensato, di distruttiv­o e di molto pericoloso per articolazi­oni e muscoli... Eppure per noi un senso lo ha avuto... Il nostro obiettivo primario era quello di esser solidali con un’associazio­ne che si occupa di cure oncologich­e e si sta prodigando a sostegno di pazienti e familiari in difficoltà in questo periodo».

L’allenament­o, la cura dei dettagli, il confronto e la «battaglia» con gli elementi naturali

Al posto della corsa in salita, la «scalata» dei gradini di casa, ripetuti migliaia di volte

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Insieme Emanuele e la fidanzata Rachele in una delle escursioni in alta quota

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