Ema e le sue sfide «Spirito libero, come un bimbo»
Le spedizioni con la compagna
Una filosofia di vita ancor più della ragione di morte. Verrebbe adesso facile sintetizzare le iniziali coordinate di Emanuele «Ema» Vetere così come sono uscite, abbinando la sua prima occupazione, quella di paracadutista, alla seconda, quella di amante degli sport estremi, e configurandolo come invasato, oltranzista, spericolato a prescindere.
Non fosse che, al Col Moschin, comunque Vetere era addetto alla logistica e dunque non era nell’elite delle forze speciali — non un incursore, per dire — senza che la cosa gli rovinasse il sonno e alimentasse rabbia repressa; dopodiché, la sua scheda personale non menziona missioni all’estero in territori di guerra e ogni sua azione sportiva partiva dall’essere un atleta. L’allenamento, la cura dei dettagli, l’ostinazione, il rispetto assoluto verso gli avversari. Ossia gli elementi. A cominciare dall’aria. Che sfidava. Da anni.
Pochi, fra gli amici, pensano abbia commesso un errore; più probabile un guasto tecnico. Dicono che la fidanzata sia della stessa idea. Cercata, Rachele ha risposto che non vuole parlare. Un rapporto intenso, basato sulla certezza d’essere ospiti a questo mondo e l’umana ambizione di volere essere ospiti d’eccezione. Una certezza appresa entrambi da piccoli grazie agli insegnamenti dei genitori. «Ema» era più riflessioni che parole. Non timido, ma riservato. Con gli altri. Non con Rachele. La compagna della maggioranza delle spedizioni. Iscritti a un club di paracadutismo di Thiene, in Veneto, lo «Skydive» (il motto è «Libertà, controllo, adrenalina»), innamorati delle Dolomiti, capaci di organizzare le vacanze all’estero in relazione alle possibilità, anche là, di lanciarsi. Sempre insieme. E il cagnolino ad accompagnarli e aspettare a terra. Vetere si era arruolato come volontario, aveva partecipato e superato il concorso per entrare nel Col Moschin, che è semplicemente un pezzo di storia d’Italia.
Era stato capace, «Ema», di farsi accettare in una realtà di duri per com’era: uno «spirito libero», ripetono, subito invitando a non interpretare male la definizione ancorandosi alla retorica. Perché Vetere, nella continua ricerca di nuovi stimoli, a volte incarnava l’ingenuità dei bambini. Il gusto della scoperta e la necessità di andarci incontro. Il titolare dello «Skydive», contrariato, dice che non ha la minima intenzione di rilasciare dichiarazioni. Un po’ è la difesa d’un angolo a parte, con i suoi codici, i suoi riti. I suoi silenzi.
Nell’ultimo video postato sul profilo del canale social Instagram, «Ema» si concede un aperitivo spartano e inquadra sullo sfondo l’area dell’Enel che di lì a poco l’avrebbe visto arrampicarsi e precipitare. Un’azione quasi routinaria. Non rappresentava un pericolo. Non doveva.
Alle tre specialità che compongono il triathlon (bicicletta, corsa, nuoto), sport nel quale eccelleva a livello nazionale, Vetere dedicava identico tempo, non favorendone una sull’altra. Nei mesi della pandemia, s’era attenuto alle disposizioni. Non scendo e salgo le scale che per portare fuori il cane, diceva. In un’occasione aveva fatto un’eccezione. Trasferendo quella che nei programmi pre-covid doveva essere una tremenda corsa in ascesa, in una scalata proprio sui gradini di casa. Una serie infinita di ripetute. Migliaia di scalini. Migliaia. Pur di raggiungere la «quota». Non era scontato che riuscisse a terminare, l’aveva detto per primo. A chi l’aveva criticato su Facebook, aveva risposto con un monologo, per uno come lui inconsueto. Cominciava così: «Vorrei fosse chiaro che non voglio e non devo essere un esempio atletico. La mia non era una gara, non era un allenamento, non era un’impresa sportiva. Sono ben consapevole che a livello medico e sportivo era qualcosa di poco sensato, di distruttivo e di molto pericoloso per articolazioni e muscoli... Eppure per noi un senso lo ha avuto... Il nostro obiettivo primario era quello di esser solidali con un’associazione che si occupa di cure oncologiche e si sta prodigando a sostegno di pazienti e familiari in difficoltà in questo periodo».
L’allenamento, la cura dei dettagli, il confronto e la «battaglia» con gli elementi naturali
Al posto della corsa in salita, la «scalata» dei gradini di casa, ripetuti migliaia di volte