«Le metropoli fonti d’ispirazione La nostra nuova idea di shopping»
Martino Scabbia Guerrini racconta Orefici11
Il sindaco di Milano, Beppe Sala, è preoccupato per la città svuotata dal Covid. Ma dalle imprese arrivano segnali di sostegno. A due passi dal Duomo, per esempio, fervono i lavori, di Orefici11, tre piani per 2mila metri quadrati di uno storico palazzo che ospiterà il nuovo concetto di retail di VF corporation, colosso americano del casual da 10,5 miliardi di dollari di ricavi (9,2 miliardi di euro ai cambi di oggi). I lavori sono iniziati a metà giugno e tutto dovrà essere pronto per l’inaugurazione in autunno. VF esporrà qui tre dei suoi marchi iconici — The North Face, Timberland e Napapijri — ma il progetto vuole avere un respiro più ampio, rappresentando la trasformazione della vendita al dettaglio e digitale. Pagamenti su tablet anziché in cassa; una concierge per orientarsi non solo in negozio ma anche in città; l’inserimento nel contesto locale grazie alla struttura che ricorda le vecchie case di ringhiera meneghine; ambienti interni pensati come un omaggio al design milanese ripercorrendo un viaggio nel tempo dagli inizi del ‘900 ad oggi. Tech e storia insieme, esperienze di acquisto e servizi per una rinascita dei grandi spazi per lo shopping. E per la città di Milano, appunto. Anche perché Orefici11 sorge in quello che fino a pochi anni fa era il quartier generale di Luxottica (il leader degli occhiali che si è spostato per avere spazi ancora maggiori) all’interno di una zona oggetto di un significativo progetto di riqualificazione «nel quale abbiamo creduto e continuiamo a credere», dice Martino Scabbia Guerrini, Group President di VF in Europa Medio Oriente e Africa. Un investimento importante che segue l’apertura lo scorso anno di Axtell Soho a Londra, innovativo business hub del gruppo. «Una chiara manifestazione del gruppo di guardare avanti».
Già: Milano, Londra... Due simboli mondiali. Quelle grandi città che oggi vivono un momento difficile a causa della pandemia, che potrebbe finire per privilegiare le piccole aree. Perché questi investimenti, allora? Erano stati decisi pre-Covid, ma avrebbero potuto essere messi in pausa. Invece, Martino Scabbia Guerrini pensa che le metropoli non perderanno il loro ruolo di guida. «È chiaro — dice — che in questo momento di pandemia con il turismo quasi a zero le grandi location soffrano, ma luoghi come Milano o Londra rimarranno centrali, anche come fonte di ispirazione e di innovazione. Semmai, si tratta di adattare i prodotti a un consumo più locale; una direzione nella quale ci eravamo già mossi prima del Covid, tanto che oggi produciamo 12 milioni di pezzi in Europa per l’Europa. Numeri in crescita e che continueranno a crescere perché sono parte della nostra strategia». Quanto alle collezioni «usciamo dalla stagionalità — dice Scabbia Guerrini —, i nostri marchi lavorano su calendari completamente spezzati, hanno lanci continui ogni mese». Ma la moda non ha deciso di marciare più lenta, con meno collezioni per essere più sostenibili? «Mettere sul mercato prodotti nuovi ogni mese non va contro questa esigenza di sostenibilità che è diventata ancora più forte con la pandemia. Al contrario, significa ascoltare il consumatore fino in fondo e produrre cose selezionate. In questo modo si produce meno, ma meglio. Non vedo l’ora di capire a pandemia finita quanto rimarrà dei cambiamenti positivi e come riusciremo a farli diventare strutturali». Lei cosa tratterrebbe? «Tre elementi. Primo, l’integrazione della tecnologia nel modo di lavorare e nell’esperienza con il consumatore: un processo che era già avviato ma che avremmo completato in tre anni anziché in pochi mesi. Secondo, aver trovato un equilibrio migliore: tutti noi avevamo fatto troppi meeting, viaggiato troppo... Infine, la forte accelerazione della responsabilità sociale: i consumatori —globalmente connessi, e soprattutto le nuove generazioni — hanno preso posizioni a voce forte, chiedendo governance migliori e marchi che rispettino ambiente e società, lo vediamo con le manifestazioni contro il razzismo in America. Mi fa piacere essere parte di un gruppo che già aveva posto questi temi al centro della propria strategia, tanto che l’ultima indagine Barron’s ci ha visto primi tra le 100 società più sostenibili».