«La casa di vetro, monumento al paesaggio e all’amicizia»
L’imprenditore e l’architetto: così una sfida progettuale si sposa col territorio
Che cosa succede quando un committente (illuminato) chiama un architetto, suo progettista di riferimento ma soprattutto amico? Il risultato dell’incontro si erge sulle colline di Biella: un edificio che, pur nella sua presenza contemporanea, quasi scompare tra la vegetazione grazie alla struttura vetrata. Pur rimanendo un segno forte che si staglia nel paesaggio.
Alberto Savio, ex imprenditore tessile, e Federico Delrosso, architetto, entrambi biellesi, si conoscevano da ragazzi, sebbene l’amicizia sia nata successivamente: «I nostri genitori si frequentavano quando noi eravamo piccoli», rievoca Savio. «Ma poi la differenza di età – io sono più grande – ci aveva separati. Ritrovandoci in seguito abbiamo recuperato subito quel legame, e l’affinità ha creato una modalità di lavoro facile, in cui ci si capisce quasi senza nemmeno parlare». Vari progetti di famiglia e aziendali, tutti seguiti da Delrosso, sono stati il preludio a questo, che Savio descrive come un sogno avverato: «Ho sempre dovuto perseguire l’equilibrio, faticoso, tra funzionalità, estetica e valore economico del progetto.
Ogni volta al prezzo di dover rinunciare a un aspetto per privilegiare l’altro. Qui, per la prima volta, ho deciso di non avere vincoli: questa casa mi doveva piacere totalmente, essere accogliente per una famiglia, delle riunioni o un uso aperto alla collettività. Senza rinunciare a nulla». E aggiunge: «Credo che a chiunque di noi piacerebbe lasciare una traccia di sé: ecco, l’idea è stata anche di creare qualcosa di speciale, capace di trasmettere, ai miei pronipoti e a chi verrà dopo di me, il senso del fatto bene e di una bellezza che dura».
L’impresa non si presentava facile: il presupposto era il recupero di un ex casolare diroccato in pietra («Legame con il territorio e allo stesso tempo condizione per ottenere l’abitabilità dell’edificio», precisa Delrosso). «Questo era un appezzamento di terreno incolto, adiacente alla mia proprietà. Anni fa avevo tentato di acquistarlo ma invano. Quando improvvisamente il proprietario ha deciso di vendermelo, ho colto l’occasione al volo», rievoca Savio. Sussisteva poi il vincolo paesaggistico, con specie di alberi da preservare: «Abgono biamo valorizzato querce, castagni e ciliegi selvatici nei pressi della struttura, che ora incorniciano il paesaggio», racconta l’architetto. Quel rudere, parte della proprietà, era una micro costruzione di circa 30 metri quadrati semicrollata: «Abbiamo voluto evidenziarla per contrasto, lasciandola alla base e accostandola a materiali contemporanei: cemento a vista, pietra grigia venata locale, resina e betulla bianca».
Il risultato sono 80 metri quadrati con due ali aggettanti in calcestruzzo e vetrate apribili: «Da lontano si scorcomuni due linee che sembrano appoggiarsi a una pelle di vetro», dice Delrosso. Al centro, un volume chiuso ospita bagno, cucina e la zona letto, con vista totale sul paesaggio: «La sensazione è di dormire su una “casa sull’albero”», dicono. Una casa sofisticata nell’estetica ma anche nell’impiantistica: Tutto perfetto nell’iter (durato un anno e mezzo) dallo sviluppo del progetto alla realizzazione? «Alla fine direi di sì. Anche se non sono mancati gli scambi accesi. Ma poi facevamo la gara a chi chiamava prima per scusarsi», ricordano entrambi. Certo, dalla committenza, una pecca emerge: «Il budget, sforato oltre ogni immaginazione...», rivela Savio, che però mostra di essersene fatto una ragione: «Per formazione ho sempre ben presente i conti. Ma sono certo che tra qualche anno li avrò dimenticati. Invece la bellezza di questa casa rimarrà. Voglio goderla io, ma anche aprirla a tutta la comunità biellese». Volevo lasciare una traccia di me stesso ai posteri. E aprirò alla comunità Alberto Savio, imprenditore Valorizzate le piante della collina E sembra di stare in una casa sull’albero Federico Delrosso, architetto