La trasgressione di Banksy, coscienza critica senza tabù
Abbiamo sempre pensato alle copertine de «la Lettura» come a una galleria senza pareti, a quell’idea di «Museo immaginario», teorizzata da André Malraux, che proponeva una nuova e a suo modo rivoluzionaria concezione estetica. Malraux paradossalmente teorizzava l’assenza dell’opera, sottolineando non tanto il valore specifico di ogni singolo lavoro, quanto la possibilità di ritrovare nella globalità della produzione artistica l’attitudine naturale dell’uomo a esplorare, confrontarsi, capire e fare proprie le infinite voci del mondo.
Per questa ragione, siamo felici di pubblicare questa settimana, in questo numero speciale de «la Lettura», un autore che incarna pienamente lo spirito del nostro supplemento culturale, cioè quello della libertà di pensiero. E il credere che l’arte (in tutte le sue accezioni) rappresenti la formula più alta di questa libertà.
Ogni settimana dedichiamo la copertina a un artista, svariando tra generazioni e generi diversi: pittori, scultori, fotografi, architetti, registi, designer, anche scrittori che operano con l’immagine. Copertine realizzate quasi sempre ad hoc e scelte con la volontà di comporre un mosaico plurale e volutamente disomogeneo dell’arte del nostro tempo. Sguardi di libertà, che percorrono geografie lontane, sempre diverse e spesso inattese. Pubblichiamo vere superstar dell’arte accostate, perché no, anche a giovani e promettenti esordienti. Tutto questo, solo per ricordare che l’arte contemporanea non è altro che la potente, forse la più emozionante, disturbante e poetica narrazione del nostro presente. Arte come possibilità di sconfiggere il destino. O, almeno, arte come macchina per pensare.
E se c’è un artista che riflette sul nostro tormentato presente con un linguaggio universale, quello è proprio Banksy: come non ricordare i suoi potenti murales sul muro in Israele, in cui una bambina perquisisce un soldato, o quelli sul muro di Berlino. O l’installazione in cui, commentando le recenti violenze della polizia contro le persone di colore negli Usa, sul suo account Instagram (9 milioni di followers) ha postato una sagoma nera sotto una bandiera americana in fiamme. Ma Banksy, oltre ad alimentarsi della cronaca quotidiana, rispondendo con taglienti j’accuse visivi, è capace di usare anche il linguaggio universale dell’ironia e soprattutto della poesia. Come non ricordare le sue opere più amate (ora in mostra a Ferrara con altri cento lavori a Palazzo dei Diamanti):
Flower bomber, un manifestante che lancia un mazzo di fiori, e Balloon girl, la bimba con un palloncino rosso a forma di cuore che vola via?
Poesia che ritroviamo anche nell’opera della nostra copertina: Forgive us our
trespassing, («Perdona la nostra trasgressione»): l’opera è il frutto del lungo lavoro di studio biografico e ricerca
filologica dei curatori della mostra di Banksy a Ferrara, Stefano Antonelli, Gianluca Marziani e Acoris Andipa. Si tratta di un pezzo estremamente raro e inedito, di cui si conosce l’esistenza solo attraverso alcune immagini circolate online. Vi si vede un ragazzo che prega in ginocchio in una cattedrale con le vetrate dipinte da graffiti: il barattolo e il pennello al suo fianco testimoniano la «colpa» del giovane artista. Il contrasto tra la sacralità della cattedrale e il concetto di profanazione mette in luce l’irriverente ironia di Banksy, che con quest’opera assolve sé stesso e tutti i compagni di viaggio del mondo della Street Art. Ancora una volta, Banksy rompe le convenzioni, e ci fa capire come l’arte possa essere insieme pungolo e poesia, sfida e provocazione. In ogni caso, coscienza critica del mondo.
L’impegno
Immagini taglienti e polemiche che usano in modo efficace il linguaggio beffardo dell’ironia