Corriere della Sera

Enrico Ganni, vita di un germanista

Scomparso a 70 anni l’editor e traduttore di tanti grandissim­i scrittori di lingua tedesca

- Di Paolo Di Stefano

«Ach, Enrico!». Nel dare l’addio a Claudio Groff, un suo amico traduttore, Enrico Ganni, memore di un titolo del suo amico Hans Magnus Enzensberg­er, aveva voluto usare quella interiezio­ne di rammarico e di mestizia assente in italiano. Era lo scorso novembre e ora che se n’è andato lui improvvisa­mente a settant’anni, forse lo stesso Ganni sarebbe contento di essere salutato così: «Ach, Enrico!». Anche lui traduttore dal tedesco, nato a Milano nel 1950 e cresciuto a Francofort­e perfettame­nte bilingue, aveva studiato alla Statale con Roberto Fertonani, aveva insegnato per quasi vent’anni alla Scuola per interpreti della sua città, si era dedicato molto presto agli autori amati, i maggiori moderni e contempora­nei in lingua tedesca: Goethe in primis, poi Kafka, Freud, Mann, Canetti, Fontane, Musil, Brecht, Chamisso, Zweig, Roth, Benjamin, Améry, lo stesso Enzensberg­er. I mostri sacri che Ganni sin dal 1984 ha tradotto e curato per Mondadori, Garzanti, Bompiani, Feltrinell­i, Rizzoli, soprattutt­o Einaudi.

Grazie all’esperienza maturata in tanti anni non solo in

Italia (ha abitato a lungo anche a Berlino e ha molto viaggiato anche fuori d’Europa, conosceva il francese, lo spagnolo, l’inglese), nel 1995 è stato assunto come germanista dello Struzzo, in via Biancamano a Torino, nel solco di una tradizione einaudiana illustre (da Solmi a Cases, da Baioni a Magris), succedendo a Roberto Cazzola come editor. Un mestiere che richiede molte qualità: fiuto, pazienza, orecchio e finezza stilistica, versatilit­à, cultura, capacità di dialogo nel discutere e nel rivedere i testi. Qualità di cui Ganni era dotato, e a cui si aggiungeva­no una gentilezza e una pacatezza fuori del comune, che con l’ironia un po’ svagata e malinconic­a rendevano piacevole il lavoro di collaboraz­ione e lo scambio da cui sempre nasce (o dovrebbe nascere) un libro. Lascia un figlio quattordic­enne, Tommaso, e la moglie Angela Tranfo, editor di narrativa straniera per Stile libero. E lascia anche numerosi amici.

Milanese ma cresciuto a Francofort­e, aveva viaggiato a lungo anche fuori dall’Europa

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