Corriere della Sera

La scorta ai pusher le torture, le estorsioni Arrestati 6 carabinier­i

Piacenza, sei militari arrestati. «Fiancheggi­avano i trafficant­i per approvvigi­onare la città»

- di Cesare Giuzzi e Giuseppe Guastella

Arresti illegali, torture, lesioni, estorsioni, spaccio di droga: sei carabinier­i sono stati arrestati (uno ai domiciliar­i) a Piacenza e una caserma dell’Arma in città è stata sequestrat­a per la prima volta in Italia. Tra le ipotesi d’accusa, anche certificaz­ioni fornite da un carabinier­e in modo da consentire a spacciator­i piacentini di raggiunger­e Milano per rifornirsi di droga durante il lockdown. L’inchiesta nasce dalla segnalazio­ne di un ufficiale dei carabinier­i che ha lavorato nella città emiliana. Grazia Pradella, procuratri­ce capo di Piacenza, ha parlato di «atteggiame­nti in stile Gomorra».

Un’intera caserma che invece di lavorare per la legalità si dedica ad arresti e perquisizi­oni illegali, pestaggi, traffici di droga, estorsione, tortura, peculato e falso. Mentre a Piacenza i morti si contano a centinaia, la preoccupaz­ione dei carabinier­i della Levante non è soccorrere la popolazion­e, ma fiancheggi­are trafficant­i e spacciator­i bloccati dal lockdown ad approvvigi­onare di droga la città devastata dalla pandemia. Sei militari arrestati con dodici complici civili, altri quattro con l’obbligo di firma o dimora (uno è della Gdf) e il primo sequestro di una caserma dell’Arma nella storia d’Italia portano alla luce un’inchiesta della Procura di Piacenza su anni di illegalità.

Solo uno degli otto carabinier­i della caserma non è coinvolto nelle indagini che riguardano fatti che, secondo la Procura, sono stati commessi a partire dal 2017. Quasi tre anni di violenze e gravi reati trascorsi senza che tra le gerarchie qualcuno si accorgesse di qualcosa, ed anzi in qualche modo favoriti dalle pressioni che faceva il comandante della compagnia per fare sempre più arresti «costi quel costi», dice il procurator­e di Piacenza, Grazia Pradella. Fino a quando un maggiore che aveva lavorato in città ha denunciato ai pm Matteo Centini e Antonio Colonna che un vecchio confidente gli aveva rivelato quello che accadeva in caserma, stufo di subire vessazioni. Intercetta­zioni e un trojan inoculato nei telefonini degli indagati hanno messo in luce «fatti di estrema gravità» sui quali hanno lavorato Guardia di Finanza e Polizia locale. Una storia grave che danneggia «quei tanti militari che in tutta Italia fanno il loro dovere con passione»a differenza degli indagati «che hanno disonorato la divisa», dichiara Pradella, rinnovando «fiducia nella fedeltà dell’Arma». Capo indiscusso del gruppo (anche se i pm al momento non contestano l’associazio­ne a delinquere) è l’appuntato Giuseppe Montella, 36 anni. Lo confessa lui stesso: «Ho fatto un’associazio­ne a delinquere ragazzi! Che se va bene» (…) «in poche parole abbiamo fatto una piramide: sopra ci stiamo io, tu e lui... ok? (…) noi non ci possono... a noi... siamo irraggiung­ibili», dice intercetta­to.

Ogni arresto di spacciator­e rappresent­a un’occasione per procurarsi droga, preferibil­mente marijuana, da sequestrar­e illegalmen­te per cederla ai pusher amici, quelli che con le loro soffiate, troppo spesso arrivate dopo pestaggi che in alcuni casi sono veri atti di tortura con l’impiego del

Tre anni

È il primo sequestro del genere in Italia Per l’accusa i reati erano iniziati nel 2017

waterboard­ing, aiutano a fare gli arresti. La droga «rapinata» veniva custodita in caserma chiusa in quella che Montella chiamava la «scatola della terapia». L’appuntato disponeva di auto e moto di grossa cilindrata, una villa e vari conti in banca. Viveva al di sopra delle sue possibilit­à e con i complici non disdegnava i festini a luci rosse a base di droga con le prostitute.

Oltre agli interrogat­ori degli arrestati, gli sviluppi delle indagini ora puntano ad esaminare gli atti archiviati nella caserma ed anche le sue strutture, come i pavimenti. Il luminol cercherà le tracce del sangue di chi è stato picchiato.

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Un fermo immagine di un video girato l’8 aprile scorso — durante il lockdown per contenere la diffusione del coronaviru­s — davanti alla caserma «Levante» di Piacenza: alcuni dei carabinier­i arrestati sono filmati dopo essere usciti dalla caserma con un presunto spacciator­e straniero arrestato poco prima e accompagna­to verso il suo domicilio per ulteriori verifiche
(foto Guardia di finanza / Epa) L’ingresso Un fermo immagine di un video girato l’8 aprile scorso — durante il lockdown per contenere la diffusione del coronaviru­s — davanti alla caserma «Levante» di Piacenza: alcuni dei carabinier­i arrestati sono filmati dopo essere usciti dalla caserma con un presunto spacciator­e straniero arrestato poco prima e accompagna­to verso il suo domicilio per ulteriori verifiche
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