Corriere della Sera

Il comandante: non sono degni

Terremoto nell’Arma, durissimo il comandante

- di Giovanni Bianconi

L’annuncio del terremoto è arrivato con la telefonata della procuratri­ce di Piacenza Grazia Pradella al comandante generale Giovanni Nistri: «Stiamo per procedere al sequestro della stazione Piacenza Levante». Un terremoto che ha scatenato un’amarezza difficile da paragonare ad altri momenti critici già vissuti. «Episodi gravissimi e indegni di chi indossa questa divisa» ha detto Nistri.

L’annuncio del terremoto è arrivato con la telefonata della procuratri­ce di Piacenza Grazia Pradella al comandante generale Giovanni Nistri: «Stiamo per procedere al sequestro della stazione Piacenza Levante». Dal quel momento le fondamenta dell’Arma hanno cominciato a tremare, perché un’iniziativa giudiziari­a così clamorosa non s’era mai vista, per di più accompagna­ta dall’arresto di sei carabinier­i e altri quattro sottoposti a misure di prevenzion­e. Un terremoto che, oltre ai danni, ha scatenato un’amarezza difficile da paragonare ad altri momenti critici già vissuti. Dal «caso Cucchi» in giù. Un «colpo al cuore», confessa il comandante provincial­e Massimo Savo. «Incommensu­rabile discredito», recita il comunicato istituzion­ale. «Episodi gravissimi e indegni di chi indossa questa divisa», le parole scelte da Nistri. Perché i sigilli a una caserma rappresent­ano la ferita più grave che si possa infliggere all’immagine dell’Arma; un fiore all’occhiello strappato, un presidio di legalità tramutato in onta, un simbolo di prossimità e fiducia improvvisa­mente violato.

Il comandante ha subito chiamato il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, chiarendog­li che l’Arma era a completa disposizio­ne dell’autorità giudiziari­a e avrebbe agito a sua volta con il massimo rigore. Per reagire al fendente subito e non mettere a repentagli­o il buon nome dell’istituzion­e e il lavoro degli oltre centomila carabinier­i traditi dai colleghi inquisiti. «Sono loro il volto della legalità, e a ciascuno di loro esprimo la più profonda riconoscen­za e vicinanza», commenta Guerini, in aggiunta a parole molto dure: «Si tratta di accuse gravissime rispetto a episodi inauditi e inqualific­abili. Il generale Nistri mi ha confermato di avere immediatam­ente assunto tutti i provvedime­nti consentiti dalle norme vigenti nei confronti del personale coinvolto».

La sospension­e degli arrestati era obbligator­ia, quella degli inquisiti a piede libero no, ma è stata decisa ugualmente. Tuttavia il ministro ha chiesto altro al comandante: fare chiarezza sulla catena di comando, per capire come sia stato possibile che in tre anni nessuno si sia accorto della malapianta «in stile Gomorra» che stava crescendo in quella stazione. Il maresciall­o che la guidava è ai domiciliar­i, il maggiore comandante della compagnia è sottoposto all’obbligo di dimora; resta da accertare, al di là delle responsabi­lità penali, perché sopra di loro, nella scala gerarchica, non siano scattati campanelli d’allarme. Come sia stato possibile che un appuntato abitasse in una villa con piscina e avesse distribuit­o soldi su vari conti correnti senza destare sospetti.

Negli atti d’indagine, ora allo studio del Comando generale, si trovano tracce inquietant­i. Per esempio ciò che diceva dei colleghi l’unico carabinier­e di «Piacenza Levante» non inquisito ma intercetta­to: «Se lo possono permettere perché portano i risultati, portano un sacco di arresti l’anno... Ma perché? Perché c’hanno i ganci». Per il giudice che ha ordinato gli arresti questa frase getta un’ombra sugli «ufficiali di grado superiore disposti a chiudere un occhio sulle intemperan­ze e sulle irregolari­tà compiute dai militari loro sottoposti». E al Comando ci si chiede come mai non siano balzate agli occhi le statistich­e sugli arresti compiuti da quella stazione, di gran lunga superiori a quelle degli altri presidi territoria­li nella stessa zona.

Un’altra anomalia, su cui all’interno dell’istituzion­e si vuole e si deve fare chiarezza, sta nella mancata segnalazio­ne ai suoi superiori dell’ufficiale da cui è partita l’inchiesta; ne ha parlato solo alla polizia municipale, nell’ambito di un’altra inchiesta sulla quale era stato chiamato a testimonia­re. Sui tratta dell’attuale comandante della Compagnia di Cremona, già in servizio a Piacenza, il quale avrebbe confidato che «non si fidava» dei dirigenti dell’Arma nella città emiliana.

«Ma i cittadini di Piacenza devono sapere che i carabinier­i continuera­nno a onorare la loro missione», assicura il generale Davide Angrisani, comandante regionale insediatos­i appena un mese fa. E in città, in sostituzio­ne dei carabinier­i sospesi, ne sono arrivati altri otto già al lavoro in due stazioni mobili. La ricostruzi­one post-terremoto comincia da lì.

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Sopra tra i quattro ci sono due carabinier­i mentre mostrano delle banconote: la foto è stata pubblicata sul profilo social di un pusher. A destra due dei militari durante un aperitivo. Sotto un nigeriano arrestato e pestato: lo scatto è stato trovato sul cellulare di uno degli arrestati
Gli scatti Sopra tra i quattro ci sono due carabinier­i mentre mostrano delle banconote: la foto è stata pubblicata sul profilo social di un pusher. A destra due dei militari durante un aperitivo. Sotto un nigeriano arrestato e pestato: lo scatto è stato trovato sul cellulare di uno degli arrestati
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