Il figlio di Boris
Tra le notizie più lette al mondo spiccano le tre prove dell’inesistenza del figlio di Boris Johnson, nato durante la pandemia. Questo per dire come sta messo il mondo. E come sto messo anch’io, scegliendo di occuparmene. Alcuni autorevoli siti complottisti hanno studiato le foto del pupo per giungere alla conclusione che c’è qualcosa sotto, oltre il pannolino. Il bimbo sarebbe troppo grande, troppo lungo e troppo capellone per avere soltanto tre mesi. E quindi? Che domande: quindi, prima ipotesi, il bebè già alto quasi come un fantino non sarebbe il figlio del primo ministro, ma un figurante messo a disposizione dal cerimoniale. La seconda teoria sostiene che abbiano truccato la data di nascita: Wilfred (così si chiama, povero bimbo) sarebbe nato molto tempo prima, ma tenuto nascosto come nei romanzi d’appendice, per dare modo a Boris di divorziare in santa pace dalla moglie precedente. E veniamo alla terza pista: il parto prematuro. Spiegherebbe come mai il piccolo (si fa per dire), annunciato per la fine dell’estate, si sarebbe presentato al numero 10 di Downing Street in clamoroso anticipo, ma non aggiunge nulla sul mistero delle sue dimensioni, anzi le rende ancora più inspiegabili.
Ma perché Johnson padre avrebbe architettato questa nascita farlocca? Per distrarre i cittadini dai disastri del suo governo, spiegano le teorie del complotto. Senza rendersi conto (e qui sta, forse, l’aspetto serio di tutta la vicenda) che a distrarli sono proprio le teorie del complotto.