«Man mano che scendevo ho compreso la tragedia»
Il primo a calarsi nel pozzo è stato Massimiliano Valente, vigile del fuoco di Gorizia. Ma non ha voglia di parlare anche perché ha un figlio della stessa età di Stefano. Poco dopo lo ha seguito Stefano Fernetti, caposquadra dei pompieri del capoluogo isontino. Assieme hanno provveduto al difficile ricupero della salma. Un’operazione non semplice a 30 metri di profondità e in uno spazio limitato con la speranza di ritrovare ancora in vita il ragazzino. «Mano a mano che scendevo — rivela però Fernetti — ho avuto la netta percezione della tragedia. Lungo la fiancata c’è una scala in metallo non percorribile in diversi punti e che con altre sporgenze crea altri micidiali ostacoli. Siamo purtroppo abituati a questo genere di interventi, ma ritrovarsi di fronte a un ragazzino morto in questo modo… non sarà facile dimenticare». Fernetti racconta che quando è arrivato all’interno del Parco non era ancora chiaro se Stefano fosse precipitato nel pozzo. «Forse nessuno ha assistito alla disgrazia, oppure i testimoni erano già stati allontanati. Ho notato che il coperchio di sicurezza altro non era che un cerchio in metallo che evidentemente si è girato mettendosi in verticale. Ritengo che sia accaduto perché Stefano è salito in piedi alla ricerca di qualche indizio della caccia al tesoro, in piedi sulla botola... Ho notato anche delle staffe che di certo hanno ceduto».