Corriere della Sera

Pippo, che ha smentito il medico: «Disse: “È morto”. Io lo salvai»

- di Andrea Pasqualett­o

Eccolo puntuale sul molo di Santa Maria Elisabetta, inconfondi­bile barba bianca. Ti vede, ti avvicina, ti stringe la mano come una morsa: «Bondì, salta su». Si sale, quindi, nella sua Yaris bianca. Nessuna mascherina, nessuna precauzion­e, il Covid come l’alta marea veneziana quando il pericolo è scampato. «Ti ga ancora quea roba sua boca!», esordisce quasi disgustato. Mentre guida fra le stradine strette del Lido di Venezia, l’isola d’oro dei suoi ottantasei anni, Benito «Pippo» Garbisa parla nel dialetto stretto della laguna, con quell’erre molto arrotata che hanno solo i veneziani del centro storico. «Ciao Pippo, tuto ben?», lo saluta un giovane dal marciapied­e. «Ciao vecio». Non vuole andare subito al mare, dove ha trascorso tutta la vita. Era alto così quando suo padre Spiridione gli faceva aprire gli ombrelloni del loro stabilimen­to sul lungomare Marconi.

Prima vuole farti vedere qualcosa e quindi svolta verso l’aeroporto isolano, il Nicelli, una striscia d’erba fra il mare e la laguna a un passo dal Mose, amministra­to da suo figlio Maurizio Luigi «Gigi». Anche Gigi è nato e cresciuto fra gli ombrelloni ma poi ha cambiato strada e al mare ha preferito la terra e il cielo. «Avevo bisogno di aria nuova».

Pippo no, lui ha sempre fatto quello: il bagnino e il gestore, in ordine di importanza. Settant’anni di onorata carriera, iniziata ufficialme­nte nel

Benito Garbisa, 60 salvataggi in altrettant­i anni di servizio È cresciuto tra gli ombrelloni sulla spiaggia del Lido di Venezia In bacheca medaglie e il titolo di Cavaliere della Repubblica

1949, quando a 16 anni ottenne il tesserino di salvamento, lo stesso che ha rinnovato anche nel 2020. La struttura è stata venduta 12 anni fa ma lui in spiaggia ha continuato ad andarci: «Non al Garbisa però, troppi ricordi, troppo...», sospira fino a commuovers­i ed è la prima sorpresa.

Una fedeltà al lavoro che gli è valsa diversi primati: bagnino più decorato d’Europa, bagnino più anziano d’Italia, bagnino con il maggior numero di anni di servizio. Il suo mondo è quello: mare, sabbia, sdraio, moscone e canottiera rossa. Con un numero su tutti: sessanta salvataggi, cioè sessanta persone rianimate. «Un record, so el primo d’Europa», dice con orgoglio, mentre fruga nel sacchetto che ha con sé. Tira fuori medaglie, targhe, riconoscim­enti. «Vara qua, Mattarella, Ciampi...». Sono medaglie al merito «per aver contribuit­o in maniera determinan­te al salvataggi­o in mare di innumerevo­li bagnanti... con elevata profession­alità e impareggia­bile altruismo». Quando rileggiamo ad alta voce le motivazion­i i suoi occhi s’inumidisco­no. E due. Perché questo lupo di mare con trascorsi di pugile e lottatore, ha dentro qualcosa che gli monta al solo ricordo. «Mio papà è senz’altro un po’ vanitoso — spiega il figlio — ma è anche molto buono e molto molto sensibile».

Medaglia d’argento e di bronzo al valor civile, Cavaliere ufficiale della Repubblica, Cavaliere di San Marco, Commendato­re e pure Croce d’oro dell’Avis con oltre 150 donazioni. Ogni premio ha la sua spiegazion­e. Anno 1966, spiaggia Sorriso. «Atto di eroismo, salvava da morte certa un bagnante», scrivono. «Vara, me vien ancora a pee de oca», dice mostrandot­i il braccio che, in effetti, ha la pelle accapponat­a. La scena l’ha scolpita così nella memoria: «Sento urlare aiuto, guardo, mi butto, tiro su un giovane e lo porto a riva. Poi arriva il medico: “Questo è morto”. Eh no, dico io. Massaggio cardiaco, respirazio­ne bocca a bocca, secchiate d’acqua dal collega, mezz’ora così. Non era morto. Arriva l’ambulanza e lo porta in ospedale. Salvo».

Anno 1958. Mareggiata. Tre ragazzi di Mestre stavano annegando fra gli scogli. «Li ho tirati fuori uno alla volta. Vara qua», e ti fa vedere la mano ancora forte. «Sei punti di sutura». Anno 1980. Signora che fa il bagno. «Onde sempre più alte, sparisce, corro, mi butto, la tiro fuori. Vara qua», ti mostra la coscia. «Undici punti… i scogli xe come cortei».

Riprendiam­o la macchina per il vicino mare. Parcheggia sulla sabbia e come esce si aprono le acque. «Pippo, ti xe in ritardo», sorride un tipo. «Pippo, metti a bandiera rossa». «Ehi Pippo, mitico». È il suo regno.

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Qui accanto, Pippo Garbisa oggi. In basso, il bagnino veneto insieme con il fratello Piero (con indosso una maglietta bianca) sulla stessa spiaggia negli anni ‘60
Ieri e oggi Qui accanto, Pippo Garbisa oggi. In basso, il bagnino veneto insieme con il fratello Piero (con indosso una maglietta bianca) sulla stessa spiaggia negli anni ‘60
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