Mascherina? Quella «made in Lombardia» ha anche l’app

Come imparai a non preoccuparmi e ad amare la mascherina. Parafrasando il dottor Stranamore, abbiamo capito l’antifona. Con le mascherine, ci piacciano o meno, dovremo convivere a lungo. Così non stupisce che tante aziende italiane si siamo buttate sulla produzione. Se una start-up che produce una innovativa mascherina filtrante se ne esce così: «Non l’abbiamo progettata per il Covid» sembra che siamo di fronte a un po’ di coda di paglia. Eppure nel caso di Narvalo, questo il nome dell’idea e dell’azienda, è tutto vero. Il progetto nasce da lontano, pensando soprattutto a pollini e allergie ma anche un’altra emergenza, quella della qualità dell’aria delle nostre città (l’Italia ha oltre

76 mila morti premature l’anno legate ai livelli di azoto, ozono e particolato fine). «Ci rivolgiamo a un pubblico consapevole, sensibile al tema» dice il cofondatore Venanzio Arquilla, docente di Disegno Industriale al Politecnico. Narvalo tiene insieme alte qualità filtranti, pari a una Ffp3, e una «respirabilità» da Ffp1 (ormai abbiamo imparato tutti a conoscere queste differenze). Non trascura il design, con una trama in tessuto lavabile che è, come tutte le componenti, interamente made in Italy. Anzi, made in Lombardy. Ma è nel risvolto tecnologico che Narvalo si stacca dalle centinaia di mascherine più o meno belle che vediamo in circolazione: è collegata a un’app che ci comunica dati sulla qualità dell’aria. E a settembre il «becco» della mascherina sarà sostituibile con un modello «smart» a batteria, in grado di fornire dati in tempo reale e di soffiare fuori l’anidride carbonica che si accumula nella maschera. Il prezzo (89 euro) non è proprio da mascherina usa e getta. Ma è questa l’idea: «Creare consapevolezza — dice il cofondatore Arquilla — sul riuso, fare educazione. Chiediamo di rimandarci i filtri usati e in cambio offriamo uno sconto sulla nuova spedizione».