IL POLITICAMENTE CORRETTO PERCHÉ È SFUGGITO DI MANO
Caro Aldo, mi ha molto colpito la notizia che la squadra di football americano dei Washington Redskins sarà obbligata (dagli sponsor) a cambiare «nome di battaglia», perché «Pellerossa» sarebbe offensivo nei confronti dei nativi americani. Fermo restando che il razzismo va combattuto al massimo laddove c’è, non stiamo esagerando con il politicamente corretto e la caccia alle streghe dove non ci sono, dall’abbattimento delle statue di Cristoforo Colombo, al boicottaggio di film come «Via col Vento», fino ai nomi delle squadre sportive? Alberto Rossi, Milano Caro Alberto,
L’espressione «politicamente corretto» designa in chiave polemica un’attitudine che non è di per sé sbagliata. Rispettare le minoranze e in genere le opinioni e le sensibilità altrui non è sbagliato. Una dose opportuna di politicamente corretto servirebbe anche alla discussione pubblica italiana, i cui protagonisti si paragonano volentieri — ricordo un formidabile catalogo di citazioni raccolto da Gian Antonio Stella — a Hitler e a Stalin, vale a dire a criminali da milioni di morti.
Il problema è che il politicamente corretto è sfuggito di mano. E ha portato ad aberrazioni evidenti. Sino all’abbattimento delle statue di Cristoforo Colombo, uno degli uomini più straordinari che siano mai esistiti; come se le nefandezze dei conquistadores fossero colpa sua (certo Colombo era un uomo del suo tempo, con i suoi limiti e le sue durezze; ma questo è un altro discorso). Tuttavia, anche di fronte a fenomeni che non condividiamo non possiamo smettere di chiederci perché accadano. All’evidenza, la società americana non ha risolto la questione della razza e del razzismo. Troppo recenti le ferite dello schiavismo e della segregazione, che per la legge è finita solo negli anni 60, e nei fatti dura tuttora. Neppure l’elezione di un presidente afroamericano l’ha risolta. Obama diceva in sostanza: io non sono soltanto il primo presidente nero; sono il vostro presidente, incidentalmente nero; la questione razziale non è così importante ed è destinata a essere superata, perché nessuna persona verrà mai più giudicata apriori dalle sue radici e dal colore della sua pelle. All’evidenza, non ci siamo ancora.