Disturbatori che fanno audience: una tecnica dei talk politici
Lunedì sera ho fatto molta fatica a seguire Quarta repubblica di Nicola Porro (Rete4) perché c’era un signore che interrompeva continuamente il suo interlocutore e parlava in casaleggese (chiacchiere & fole di senso comune pseudolibertario). Ho poi scoperto che l’ospite in questione si chiama Gaetano Pedullà. È una vecchia tecnica dei talk politici: bisogna sempre che ci sia un disturbatore in grado di provocare piccole risse, a scapito dei ragionamenti ma a favore dell’audience.
Ogni talk ha il suo Pedullà, e l’elenco sarebbe sterminato. Il talk è parola che si fa spettacolo, come vuole tradizione drammaturgica: è una contrapposizione e semplificazione delle idee, è una grande, inevitabile iniezioni di populismo, è un esplicito incitamento alla rissa per superare una realtà svigorita. Tutto è finzione, tutto è impostura legittimata, al pari della politica.
Il guaio dei talk non è nella loro recita, ma piuttosto nella loro prevedibilità, nella loro monotonia. L’insofferenza verso i talk va di pari passo con quella verso la politica. Nel vedere Pedullà agitarsi secondo copione, mi è tornata in mente una frase del prof. Francesco Giavazzi sui guai della interscambiabilità nei talk tra la figura dell’esperto e quella più dozzinale del tuttologo (sempre disponibile a parlare di tutto). A quel punto, cambiando canale, è successa una cosa curiosa a #cartabianca. Sul finire, congedandosi dal prof. Massimo Galli, Bianca Berlinguer ha espresso un desiderio. Per la prossima stagione, vorrebbe invitare il prof. Galli non come esperto di malattie infettive (è il suo mestiere) ma come opinionista, cioè come tuttologo, come Mauro Corona.
Dunque, in tv, la distinzione fra esperti e tuttologi è molto sfumata (abbiamo persino avuto l’invasione dei virologi). Senza contare che il prof. Galli appartiene all’allegra nidiata del Movimento Studentesco di Milano, che tanto ha contribuito al mito del «dibattito».