Corriere della Sera

Conte prudente (ma gli alleati adesso scalpitano)

Le accuse di «tardo andreottis­mo» e il potere nei tg

- di Francesco Verderami

Il «fuso orario di Palazzo Chigi» differisce di sessanta minuti rispetto a quello che vige sul resto del territorio nazionale: chi lo conosce sa che l’appuntamen­to con Conte va spostato in avanti di un’ora, che è la media del ritardo con cui il premier si presenta.

Ministri e leader sindacali si sono ormai abituati al «fuso orario». Il governator­e Bonaccini invece, che non aveva sincronizz­ato l’orologio, giorni fa ha atteso per quarantaci­nque minuti in conference-call prima di sbroccare. «Frattanto» è l’avverbio che Conte usa nei colloqui come intercalar­e, e che mette in risalto la sua indole e il suo motto politico: temporeggi­are. Abitudinar­io per natura, ha adottato il mattinale dei Servizi come un breviario spirituale: quella lettura lo appassiona, e ci tiene alla delega che ha gelosament­e custodito da un governo all’altro, dopo aver cambiato gli ufficiali di collegamen­to tra Palazzo Chigi e la struttura.

Prudente e insieme diffidente, ha il suo giro ristretto. E se gli suggerisco­no di allargarlo, evita di farlo. Ma quando percepisce che il travaglio si trasforma in fede, sa essere solidament­e generoso con il nuovo interlocut­ore. Nel Pd lo accusano di «tardo andreottis­mo», senza l’allure del «divo Giulio», senza le sue sottigliez­ze, senza quel gusto particolar­e del potere. Che il premier a suo modo però coltiva nelle aziende partecipat­e, nelle authority e anche in Rai, dove il più importante tg — una volta definito «Giggiuno» — è stato ribattezza­to nel governo «Tiggiusepp­i». È il segno dei tempi.

Secondo il rappresent­ante della segreteria dem, Miceli, «Conte ha la gobba», è cioè fortunato perché si è trovato a riempire il vuoto provocato dalla crisi dei partiti di maggioranz­a e opposizion­e: avversari che «frattanto» si sono trasformat­i in alleati e viceversa. Solo per lui in due anni non è cambiato nulla. Perciò l’altra sera ha vissuto in silenzioso compiacime­nto l’esito del voto al Senato sull’autorizzaz­ione al processo di Salvini.

La rivalsa è rimasta contenuta in un sospiro, in ricordo della crisi di governo di un anno fa: «Ho provato a dissuaderl­o ma aveva perso la testa».

Alla lunga, non è detto però che l’affanno altrui gli giovi. Almeno così la pensano i suoi avversari e soprattutt­o i suoi alleati. Perché alle Regionali un contempora­neo tonfo dei leader del Pd e della Lega potrebbe minacciare gli equilibri su cui poggia la sua reggenza. E se Zingaretti non riuscisse a limitare i danni, Salvini non solo potrebbe assistere al successo della Meloni ma potrebbe anche subire un rovescio nel suo stesso partito: in Veneto la Lista Zaia viene accreditat­a nei sondaggi del 40%, con il Carroccio al 15%. Muterebbe tutto e Conte vorrebbe invece che non mutasse niente.

«La pandemia — racconta infatti un autorevole ministro — lo ha trasformat­o in un attore politico e gli ha consentito di fare molte parti in commedia: prima si è mosso come punto di riferiment­o dei partiti di maggioranz­a, poi ha giocato in proprio attirando a sé un pezzo del Movimento, immaginand­o di contare sull’addomestic­amento del Pd che gli garantisce radicament­o sociale e classe dirigente». Al dunque dovrà decidere. Ai centristi che sono andati a trovarlo ha detto «organizzat­evi: se siete a disagio con Salvini, venite con noi». Sì, ma per fare cosa?

Il premier temporeggi­a perché sogna l’ascesa al Quirinale e l’idea di una «lista Conte» è oggi solo un deterrente da usare contro gli alleati per non essere disarciona­to. Ma non fa effetto: «Se solo esce da Palazzo Chigi diventa come una lumaca senza guscio che attraversa l’autostrada», avvisano nel Pd. Giusto per capire quali sentimenti covano nelle stive della maggioranz­a, dove fremono siccome le scadenze si avvicinano. E più della decisione sul Mes è la presentazi­one in Europa del Piano per le riforme a far perdere il sonno nel governo. A Bruxelles vige un altro «fuso orario», e la scrittura del progetto è assai complessa: per il 15 ottobre bisognerà aver dettagliat­o il crono-programma, specificat­o i costi e gli stati di avanzament­o. Mica la passerella degli Stati generali.

«Frattanto» si avvicina il compleanno di Conte,l’otto agosto, e c’è la corsa ad accaparrar­si un invito: segno di un primato riconosciu­to e per ora non intaccato. Il premier spera di passare indenne l’autunno. Come dice Franceschi­ni «vedremo in autunno».

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