Timori per i nuovi contagi
Il richiamo di Mattarella: «Libertà non è far ammalare gli altri»
Il richiamo del presidente Mattarella, «Libertà non è far ammalare gli altri», giunge nel giorno in cui i nuovi contagi toccano quota 379. Timori degli esperti, preoccupati anche per lo stop alle limitazioni sui treni veloci e sui mezzi pubblici in Lombardia.
Ha riletto i dati sulla pandemia, da quando è cominciata. E cita gli 800 morti in un unico giorno, il 31 marzo, per ricordare ai negazionisti che non è finita e la cautela è «un richiamo prezioso e opportuno». Infatti, dice, «c’è la tendenza a dimenticare e rimuovere le esperienze sgradevoli». Certo, aggiunge, «forse non era immaginabile che la rimozione affiorasse così presto», mentre in Italia si continua a morire per il Covid, «ed è il caso di sottolineare che anche una sola vittima costituisce motivo per non abbassare le difese». Insomma, «imparare a convivere con il virus non vuol dire comportarsi come se non ci fosse più e abbassare le difese». Dunque «non si può» — magari con il piglio ribellista di alcuni capi partito come Salvini che rifiutano perfino le mascherine come un’insopportabile costrizione — «confondere la libertà con il diritto di far ammalare gli altri». La realtà è la sofferenza di questi 100 giorni, con i camion militari carichi di bare, altro che vulnus della democrazia.
È penetrante e severo, il richiamo di Sergio Mattarella alla cerimonia del Ventaglio con quirinalisti e stampa parlamentare, che anticipa la pausa politica dell’estate. Quello che di solito è un bilancio istituzionale di metà anno si concentra stavolta sulle ricadute dell’epidemia. Non poteva essere diversamente, considerato il tipo di sfida — sociale, economica, di relazioni internazionali — davanti alla quale ci ha scaraventato un virus che «fa registrare nel mondo ben oltre duecentomila contagi quotidiani». È una contabilità impressionante, che ci obbliga a riflettere su diversi fronti.
Anzitutto, esorta il presidente, «non possiamo, e non dobbiamo, dimenticare» la tragedia che abbiamo attraversato «per rispetto dei nostri morti, di chi si è prodigato a curarli e dei sacrifici compiuti insieme» con un duro lockdown (non a caso osserva che «altrove il rifiuto o l’impossibilità di quei comportamenti ha provocato e sta provocando drammatiche conseguenze»… e vengono in mente i casi di Usa e Brasile). Ed è qui che il capo dello Stato — ed ex giudice costituzionale — fa piazza pulita di qualche insensata polemica. «Talvolta viene evocato il tema della violazione delle regole di cautela sanitaria come espressione di libertà. Non vi sono valori che si collochino al centro della democrazia come la libertà. Ma naturalmente occorre tener conto anche del dovere di equilibrio con il valore della vita... Imparare a convivere con il virus finché non vi sarà un vaccino risolutivo non vuol dire comportarsi come se il virus fosse scomparso».
Ecco il punto politico. «Solo ricordando quel che è avvenuto possiamo porre solide basi per la ripresa e per pervenire a una nuova normalità». Perciò, insiste il presidente, bando alle «notizie manipolate e contraffatte, le fake news» su cui ha tentato di giocare pure («falsando i fatti») qualche parte politica, mentre invece «il mondo dell’informazione ha dato prova di saper essere al servizio dell’interesse generale e dei cittadini», dimostrando che «la libertà di stampa resta un bene pubblico».
Non basta. L’esperienza del Covid ha risvegliato la consapevolezza di essere tutti esposti alla «stessa fragilità», ciò che si è tradotto in «esperienze di reciproca solidarietà». Per esempio in Europa, dove «assistiamo a un inimmaginabile cambio di paradigma», come rivelano «le misure di portata straordinaria» appena varate. Risorse di entità tale (209 miliardi) da togliere argomenti a chiunque insista nella rincorsa sovranista e che il governo deve meritarsi, uscendo dall’inconcludenza e mettendo subito in cantiere «un programma tempestivo, concreto ed efficace» per far ripartire l’Italia.
Un banco di prova sarà l’apertura delle scuole, a settembre. «Lì è in gioco il futuro», avverte seccamente Mattarella. Non si può cincischiare sui banchi a rotelle e sulle ansie del personale a entrare in aula. «I nostri ragazzi hanno già patito un anno di disagio, il sistema Italia non può permettersi di dissipare altre energie in questo campo. O sviluppo della nostra società subirebbe un danno incalcolabile… L’apertura regolare è un obiettivo primario».