UN CALO ATTESO MA AGGRAVATO DAI RINVII DEL GOVERNO
Dire, come ha fatto ieri il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, che un calo del Prodotto interno lordo del 12,4 per cento nel secondo trimestre del 2020 non è poi tanto male, dovrebbe essere consolante. «La stima media», secondo Gualtieri, era «di un ribasso superiore al 15 per cento». Morale politicoeconomica: il governo si sta muovendo bene. Il tentativo è di dare consistenza a questo schema additando gli altri Paesi europei dove la regressione provocata dall’epidemia di coronavirus sta avendo effetti ugualmente perversi: a cominciare da Francia e Spagna, fino alla Germania. Ma è una condivisione della crisi che dovrebbe preoccupare, perché indica un difetto di fiducia nel futuro dell’intera Europa. In più, sull’Italia pesano i contrasti tra M5S, Pd e Iv; e una tendenza a replicare all’infinito la strategia del rinvio a settembre, contagiosa anche per gli investimenti e l’economia.
Avere prorogato lo stato d’emergenza sanitaria fino al 15 ottobre ha una logica. Il virus continua a circolare, e c’è qualche segnale che indica una recrudescenza, seppure contenuta, legata anche a casi portati da immigrati. L’invito a non abbassare la guardia e a non confondere la libertà con quella di fare ammalare gli altri, ribadito ieri dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, va dunque sottoscritto e seguito. Ma non può non colpire l’allarme del quale il premier Giuseppe Conte si fa portavoce, e in parallelo il rifiuto di dotarsi di tutti i mezzi necessari per fronteggiare e prevenire una possibile emergenza sanitaria. Fare slittare a dopo l’estate la decisione dell’esecutivo sul prestito europeo del Mes, che serve a ospedali e scuole, è una contraddizione vistosa, spiegabile solo con i tabù ideologici dei grillini.
Ieri l’ex presidente della Commissione europea, Romano Prodi, ha spiegato ancora una volta perché i 37 miliardi di euro del Mes, andrebbero presi e utilizzati subito; e perché convengono all’Italia. Ma la risposta stucchevole del leader del M5S , Vito Crimi, è che sarebbe pericoloso e inadeguato: un «no» in linea con quelli, più sfuggenti, arrivati nelle settimane scorse da Conte e da altri ministri dei Cinque Stelle. In questo atteggiamento la forza maggiore del governo incrocia il «no» ideologico di un’opposizione di destra che, a parte Forza Italia, addita il Mes come un mostro in chiave antieuropea; anche lì con una sfasatura evidente. Da una parte, Lega e Fratelli d’Italia dicono che lo stato d’emergenza deprime ulteriormente il Pil.
Eppure, demonizzano uno strumento che permetterebbe di contenere il rischio immettendo subito in circolo denaro liquido. In questo senso, esiste una sorta di populismo trasversale che, dal governo e dall’opposizione, contribuisce a rendere la ripresa più difficile e ad allontanarla. Matteo Salvini e Giorgia Meloni scommettono probabilmente su un collasso della coalizione tra M5S, Pd e Iv entro l’autunno. I Cinque Stelle continuano a ritenere che rinviando i problemi si possano arginare le spinte centrifughe di un Movimento terrorizzato dalle elezioni anticipate e lacerato al proprio interno da spinte scissionistiche. Ma è chiaro che una deriva dilatoria così smaccata può comportare un prezzo enorme per il Paese. Alla prossima rilevazione dell’Istat, Gualtieri si ritroverebbe a commentare dati ancora più scoraggianti: con un’Italia in ultima fila tra le nazioni alleate.