«C’è un miliardo Ue da usare Basta ferie, tornate in ufficio»
Il dirigente della Regione Sicilia ai dipendenti : macché stress da lockdown
La chiamano la «circolare dello scandalo». Perché nessun dirigente generale della Regione siciliana s’era mai sognato di intimare ai dipendenti di un assessorato di interrompere le ferie e tornare in ufficio per smaltire le pratiche arretrate. Mentre arriva agosto. Ma per Salvatore D’Urso, l’ingegnere al vertice di un settore chiave come quello dell’Energia, «lo scandalo sono i fancazzisti che pretendono di grattarsi la pancia lasciando imprese e Comuni senza risposte, senza fondi...». E qui Tuccio, come lo chiamano gli amici, 66 anni, due figli e quattro nipoti, richiama lo sfogo del governatore Nello Musumeci che ha recentemente tuonato contro i «lagnusi», per indicare, alla Camilleri, i pigri. Una botta per i 13 mila dipendenti regionali. Assestata, diciamo così, dal datore di lavoro: «L’ottanta per cento si gratta la pancia».
E lei, ingegnere, rilancia, però redarguito da tutti i sindacati, non solo da Cgil, Cisl, Uil.
«Lo so, anche dal sindacato dei dirigenti, il mio, dal quale mi sono già dimesso. Sconcertato dalla critica. Perché hanno tutti l’ardire di scrivere in una nota congiunta che io, facendo tornare al lavoro dipendenti da quattro mesi a casa per la pandemia, finisco per violare ‘la sfera psicologica’ di chi deve riprendersi dallo stress”.
Quale stress?
«L’esaurimento, l’affaticamento di chi ha passato quattro mesi a casa, senza sveglia e cartellini da bollare. Ma che ci prendono per i fondelli? Torni in ufficio dopo questa pausa in una Sicilia in ginocchio e il primo pensiero è di andare in ferie. Ma aspetta almeno Ferragosto. In questi venti giorni lavoriamo».
Non ha quindi annullato le ferie?
«Ho chiesto di rinviarle perché, come succede nel mio dipartimento, con l’abbandono delle scrivanie si blocca l’istruttoria delle pratiche per le energie alternative, i passaggi di risorse ai Comuni boccheggianti e alle imprese, comprese Enel e Terna. Non hanno capito che così rischiano i loro stessi stipendi».
Perché?
«Perché la Sicilia vive delle tasse riscosse dalle imprese che operano nell’isola. Ma se le imprese non incassano quanto aspettano anche da noi, non possono certo pagare i contributi dovuti. È un circolo vizioso. E senza liquidità certa c’è il rischio che nei prossimi mesi le risorse di cassa non siano sufficienti alla Regione nemmeno per mantenere sé stessa».
Che cosa si blocca non lavorando dopo 4 mesi di Covid?
«Il servizio che io dirigo ha fondi comunitari da distribuire per 560 milioni. L’intero assessorato arriva con acque, rifiuti e depurazione a quasi un miliardo e duecento milioni. Che facciamo? Restiamo immobili su una montagna di denaro disponibile? Possibile che dobbiamo tenere ferma la macchina perché qualcuno è ‘stressato’?».
Il vero scandalo sono gli scansafatiche che pretendono di grattarsi la pancia lasciando imprese e Comuni senza risposte, senza fondi
C’è chi, come Gaetano Agliozzo della Cgil, le rimprovera di violare i diritti contrattuali. E chi pensa che forse, muovendosi nel centrodestra, stia solo dando una mano a Musumeci.
«La politica non c’entra un fico secco. E tanto meno la Costituzione che nessuno viola. Anche i sindacati si debbono mettere in testa che il regionale, come forse lo statale, ha molti diritti ma spesso non ha coscienza dei doveri».
Accusano Musumeci di offendere «i regionali».
«Accusa paradossale, insensata reazione. Il governatore capeggia una sorta di rivolta popolare perché chi bussa alla Regione non tollera di trovare uffici deserti e porte chiuse. Lui per primo, travolto da valanghe di proteste, non ci sta a fare il sindacalista degli scansafatiche».