IL CARISMA DI OBAMA OSCURA BIDEN
Niente da fare: Barack Obama è ancora di gran lunga la figura più carismatica della politica e della cultura liberal americana. Ed è anche la più pragmatica. Ne ha dato prova ulteriore, giovedì, tenendo l’orazione funebre in memoria di John Lewis, il leader della marcia di Selma nel 1965, «l’ultimo discepolo di Martin Luther King». L’ex presidente ha parlato per 40 minuti, miscelando pause e qualche battuta. Ha attaccato Trump senza nominarlo, accusandolo, insieme ad altri «personaggi al potere», di comprimere il diritto di voto degli afroamericani più o meno come facevano i suprematisti bianchi degli anni Sessanta nel Sud degli Stati Uniti.
Ma il primo presidente «black» della storia ha messo mano anche al programma elettorale. «Se occorre è venuto il momento di abolire il “filibuster”, un fossile, un avanzo della segregazione». Obama si riferisce alla prassi parlamentare, in auge soprattutto al Senato, che consente di portare per le lunghe la discussione su una legge. È una questione regolamentare un po’ astrusa: per superare «l’ostruzionismo» occorre una maggioranza qualificata di 60 voti (su 100 seggi); ma è possibile anche «stabilire un precedente specifico», la cosiddetta «opzione nucleare» con il consenso di 51 senatori. Al di là del tecnicismo, conta l’indicazione politica. Obama invita i democratici a essere più combattivi al Congresso per tenere testa alla linea dura trumpiana con tutti i mezzi a disposizione. Il problema è che il candidato dei progressisti alla Casa Bianca si chiama Joe Biden. Sarebbe stato logico aspettarsi questa e altre proposte dall’ex numero due di Obama. Biden, però, ha scelto di fare solo un’apparizione fugace nella Rotunda di Capitol Hill, a Washington, per rendere omaggio a Lewis. Poi si è ritirato nella sua casa in Delaware, lasciando campo libero e limitandosi a prendere nota dei pro memoria inviati in diretta tv dal suo ex principale. Ex?