Londra vuole vendere Borsa Italiana «Avviati colloqui esplorativi»
Coinvolto anche lo strategico mercato dei titoli di Stato. L’ipotesi di una cordata con Cdp
Dove finirà la Borsa Italiana — ma soprattutto lo strategico mercato dei titoli di Stato, Mts — se, come è ormai ufficiale, l’attuale proprietario, il London Stock Exchange, l’ha messa in vendita nell’ambito della fusione da 27 miliardi di dollari che sta portando avanti con il gigante Usa dei dati finanziari, Refinitiv, e oggi sotto esame dell’antitrust europeo? La domanda è circolata ieri tra gli uffici del governo, del Tesoro, del comitato di controllo sui servizi segreti, e tra banchieri e uomini di finanza dopo che il ceo del Lse ha ufficializzato l’indiscrezione che gira ormai da mesi.
«Stiamo valutando se vi siano dei benefici potenziali nel tenere insieme Mts e Borsa Italiana», ha detto il ceo di Lse, David Schwimmer parlando di negoziati «esplorativi, non vi è alcuna certezza che portino a una transazione». Le strade sono o vendere solo Mts — dato che sulle obbligazioni Refinitiv possiede già Tradeweb, concorrente diretto della società italiana — oppure l’intero asset italiano, anche per fare cassa dato che è valutato 3-4 miliardi di euro (anche se molto dipenderà anche dall’applicazione o meno del «golden power» da parte del governo).
Il solo parlarne comunque fa capire che la strada è tracciata. Chi potrebbe acquistare, però, è un’altra storia. E dietro la sistemazione di Borsa e di Mts si gioca una partita non solo finanziaria ma anche politico-strategica. Per questo si parla della costruzione di una cordata italiana che possa tenere in mani nazionali un’infrastruttura preziosa sopratutto per i dati sensibili relativi ai titoli di Stato (non solo quelli italiani ma anche di altri Paesi) e anche per quelli delle imprese, non solo le quotate — sul listino principale e sull’Aim per le piccole imprese — ma per esempio le migliaia di pmi che hanno seguito i programmi Elite, appunto di Borsa Italiana. Senza dimenticare poi il ruolo centrale, anche se dietro le quinte, di Cassa di Compensazione e Garanzia (Ccg), anch’essa sotto Borsa Italiana.
Uno scenario circolato ieri ipotizza una cordata di banche, assicurazioni con la Cdp (eventualmente anche come anchor investor) più alcuni fondi come F2I o il Fondo strategico che rilevi tutta Borsa Italiana e poi eventualmente cerchi alleanze internazionali, in Unione Europea — la francese Euronext — o fuori dall’Unione, per esempio in Svizzera (Six Grup, che già controlla la borsa di Madrid) o oltreoceano con Wall Street. Altri ipotizzano una vendita diretta di Borsa ad Euronext, mentre secondo altre indiscrezioni il governo sarebbe interessato al solo Mts.
Data la strategicità della struttura non è un caso che un richiamo al governo Conte sia arrivato ieri dal presidente del comitato di controllo sui servizi, Raffaele Volpi: «Ritengo importante che sia il nostro paese a decidere il destino di Borsa Italiana evitandone smembramenti e riacquisendone il controllo potendone poi decidere alleanze e posizionamenti. Il governo non consenta ad altri di decidere su piattaforme finanziarie essenziali all’interesse del Paese». «Oggi il gruppo Lse è privo di azionisti italiani ed è evidente che l’interesse per l’Italia sia marginale. Il gruppo prevede di completare l’operazione con Refinitiv entro la fine dell’anno o all’inizio del 2021.é ora che governo si svegli dopo tanto dolce dormire», aggiunge il deputato Giulio Centemero (Lega), tra i più attenti sul dossier.