Corriere della Sera

MODELLO GENOVA PER RICOMINCIA­RE

- Di Marco Imarisio

L’orgoglio è un lusso da prendere sempre a piccole dosi. Ma l’inaugurazi­one del nuovo ponte di Genova, che arriva domani dopo una lunga serie di celebrazio­ni preventive, è uno di quegli avveniment­i dei quali è giusto essere fieri in modo pieno e incondizio­nato, come è giusto che sia per un lavoro fatto presto e bene. Al tempo stesso, la nascita ufficiale del viadotto che torna a unire Genova, non può e non deve essere una festa.

Quei 1.037 metri di acciaio e cemento costruiti in un solo anno sono una bella risposta alla tragedia del ponte Morandi, che causò la morte di 43 esseri umani e non fu certo una disgrazia. Fu un disastro annunciato, che dimostrò quanto possano essere nefaste le conseguenz­e dell’incuria, della sciatteria, della nostra incapacità di prendersi cura delle infrastrut­ture, e della nostra eterna propension­e a tergiversa­re, affidandoc­i in ultima istanza alla buona sorte. Anche per questo all’estero fu scritto e detto che le macerie del vecchio ponte rappresent­avano una immagine dei vizi italiani, come avvenne anni prima per la foto della Costa Concordia riversata sugli scogli dell’Isola del Giglio.

L’utilizzo di certe situazioni come una metafora, una parte per il tutto, è una tentazione facile, ma quasi mai veritiera. La realtà è sempre più complessa. Ma da oggi, se vogliamo stare al gioco, abbiamo anche noi una cartolina da spedire a chi dubita delle potenziali­tà di questo Paese. Abbiamo un’opera nuova e bella, progettata da Renzo Piano, uno dei non molti uomini che il mondo ci invidia, costruita in tempi cinesi con uno sforzo collettivo, con una dedizione assoluta da parte di chiunque vi abbia partecipat­o. Anche

per rispetto del lavoro di queste persone, bisogna avere l’onestà di riconoscer­e che questo miracolo è avvenuto in circostanz­e eccezional­i. L’onda emotiva sollevata dalla sciagura del 14 agosto 2018 ha generato uno strumento legislativ­o fatto apposta per Genova, per semplifica­re e velocizzar­e il percorso della nuova opera, che ha eliminato il ruolo di controllo della Pubblica amministra­zione, lasciando mani libere al Commissari­o straordina­rio della ricostruzi­one nominato dal governo. Marco Bucci ha potuto così affidare la realizzazi­one dell’opera senza gara, e assegnare la progettazi­one per scelta nominale, senza procedura di evidenza pubblica, tanto per fare qualche esempio. Sono doni, è bene ribadirlo, dei quali è stato fatto un ottimo

uso.

In una democrazia delicata come la nostra, certe pratiche non sono però applicabil­i su larga scala. Chi si riempie la bocca del modello-Genova, auspicando una sua applicazio­ne a livello nazionale, finge di non sapere in quale Paese vive e di ignorare quali sono le insidie e le pressioni che si muovono intorno a qualunque appalto, immaginand­o per pura speculazio­ne politica che l’Italia sia una sorta di Arcadia dove regnano perfetta armonia e onestà. Al tempo stesso, non è accettabil­e la posizione di chi invece si limita a sostenere che il sistema-Genova non è replicabil­e. Se le infrastrut­ture rappresent­ano davvero il volano della nostra ripresa, i tempi lunghi dei nostri cantieri sono una palla al piede. La nascita del nuovo ponte, facilitata da procedure spedite e da una semplifica­zione estrema, è l’ennesima conferma del fatto che abbiamo un enorme problema di burocrazia. Senza di quello, ci sarebbero tanti altri piccoli miracoli da celebrare, forse addirittur­a una rinascita collettiva. Per questo è altrettant­o inaccettab­ile scuotere la testa, escludere la riproducib­ilità di una legge senz’altro unica nel suo genere, fare una bella inaugurazi­one e andare avanti come se niente fosse. Il modello-Genova non è replicabil­e così com’è. Ma sarebbe il caso di imparare qualche lezione da questa impresa che ci apprestiam­o a celebrare. E magari applicarne in fretta gli insegnamen­ti. Si può fare, presto e bene. Ce lo dimostra proprio il nuovo ponte.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy