Il «caso TikTok»: Trump minaccia, ma Microsoft va avanti
Ore cruciali per il destino del social cinese negli Usa
Donald Trump si prepara a cancellare TikTok, il social che fa capo ai cinesi di ByteDance.
Venerdì 31 luglio, parlando ai giornalisti sull’Air Force One di ritorno dalla Florida, il presidente ha spiegato: «Lo metteremo al bando negli Stati Uniti. Potrei usare i poteri previsti in caso di emergenza economica o emanerò un ordine esecutivo. Ho l’autorità per farlo». La decisione, annunciata per ieri, non era ancora arrivata al momento di andare in stampa.
Nel giro di pochi giorni Trump ha trasformato il caso TikTok in una priorità politica, mentre il Paese è stordito da un virus che pare indomabile e dal crollo dell’economia. Ancora nel pomeriggio di sabato, comunque, il quadro era confuso. Da tempo i piani dell’amministrazione avevano spinto Microsoft a farsi avanti. I media americani raccontano di una trattativa per rilevare il ramo statunitense dell’App da 800 milioni di utenti nel mondo, circa 100 negli Usa.
L’azienda fondata da Bill Gates e oggi guidata da Satya Nadella punta a rafforzarsi nell’emisfero dei social, aggiungendo a Linkedin, il network del lavoro e delle professioni, una piattaforma come TikTok. Leggera, spregiudicata, spesso controversa, animata soprattutto dai navigatori più giovani.
Ma Trump ha subito stroncato questa ipotesi, chiarendo ai reporter di «non essere a favore di un accordo con una società americana». Stando al resoconto dei giornalisti che seguono la Casa Bianca, il presidente non avrebbe citato esplicitamente Microsoft.
Tuttavia il riferimento è chiaro. A quel punto Zhang Yiming, amministratore delegato di ByteDance, ha tentato l’ultima mossa: siamo disposti a cedere le nostre attività sul mercato Usa, ma non chiudete il social. Ci sarebbe anche un’alternativa a Microsoft.
I fondi di investimento Sequoia Capital e General Atlantic si sarebbero fatti avanti per acquisire una quota imprecisata nel network.
Certo, scorrendo i video postati su TikTok è difficile capire dove stia «la minaccia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti». Ieri, per esempio, c’erano poche tracce dell’annuncio trumpiano, disperse nel solito repertorio di scherzi, balletti casalinghi, cani e gatti «parlanti», ragazze e ragazzi in fiore.
Trump sicuramente non ha dimenticato la beffa, reale o solo presunta che fosse, del 20 giugno scorso. Un gruppo di giovani rivendicò il fallimento del comizio del «rilancio» in Oklahoma, sostenendo di aver prenotato, con il passaparola su TikTok, migliaia di biglietti di ingresso nel Bok Center di Tulsa, senza poi presentarsi.
Tuttavia c’è una traccia più profonda. Il dipartimento di Stato, la comunità dell’intelligence, il Consiglio di sicurezza nazionale sono convinti che ByteDance trasmetta i dati raccolti da TikTok al partito comunista cinese. A che scopo? Per esempio per allestire campagne di disinformazione sulla rete o per interferire nelle elezioni presidenziali. Paranoie americane? Forse. Però condivise anche dal governo dell’India che ha già messo al bando il social cinese. Se le cose stanno così, allora avrebbe senso favorire il passaggio di TikTok a Microsoft, salvando i 1.400 dipendenti e il giro d’affari da mezzo miliardo di dollari generato solo negli Stati Uniti. In tarda serata i media americani segnalano una ripresa delle trattative. Vedremo se e quanto peserà il veto di Trump.
Il presidente, che vuole bannare il social, si era opposto a un possibile acquirente Usa