Apriti moda
Atelier, palazzi storici, ex fabbriche: due giorni di visite in oltre 60 luoghi dove nasce il meglio del Made in Italy Una vetrina per il rilancio del Paese «È come rivedere l’arcobaleno»
Il viaggio nel sistema che ha imparato (almeno in queste occasioni) a «fare sistema» si terrà il 24 e 25 ottobre. Oltre i portoni dei palazzi nobiliari, nei laboratori che trasformano i fili di seta in velluto, nelle vecchie fabbriche riconvertite, negli atelier. Nella storia del Made in
Italy, il Piemonte di Borsalino ed Ermenegildo Zegna, la Milano del Quadrilatero e della Scala, l’Umbria, la Toscana, la Napoli di Marinella, la Burano del merletto, la Sardegna del bisso. Ecco cosa sarà ApritiModa 2020, itinerario lungo oltre 60 tappe nei beni culturali «viventi» del Paese. Luoghi magici e spesso nascosti da cui lanciare un messaggio di ripartenza. Nel segno del fatto bene.
Festa del buono, del bello, della fiducia da riconquistare. Dell’ingegno italiano che crea posti di lavoro. Dell’alto artigianato. In una filiera che è la seconda industria manifatturiera del Paese, occupa 700 mila persone, e che per una volta mette in vetrina la sua parte più segreta: dove nasce e si sviluppa un’idea.
Grand Tour (gratuito e aperto a tutti, basta iscriversi) dell’alto di gamma. C’è il Cappellificio Cervo che prende il nome dalla valle e dal torrente che l’attraversa, la Valle Cervo (Biella), dove tutto si fa a mano come nel 1897; il capannone di Gonars (Udine) dove si realizzano le calzature di Lis Furlanis; il palazzo di via Borgonuovo, a Milano, che ospita uno dei nomi della moda più famosi al mondo, Giorgio Armani; l’Antico Setificio Fiorentino di Stefano Ricci, gioiello dell’artigianato dal 1786, rocchetti, broccati e l’orditoio realizzato su disegno originale di Leonardo da Vinci; la chiesa sconsacrata di San Francesco delle Donne a Perugia dove sono ancora in funzione antichi telai jacquard per il marchio Giuditta Bronzetti; la storica conceria Russo di Casandrino alle porte di
Napoli; la casa cagliaritana di Luciano Bonino tra stoffe e passamanerie; la tessitura Cordani Velluti a Zoagli, non lontano da Genova; il Lanificio Leo in provincia di Catanzaro fondato nel 1873. Sessanta realtà uniche (ma da qui a ottobre le adesioni si immagina arriveranno a un centinaio), legate alla terra in cui si trovano, trainate da persone appassionate, capaci.
«Sapere vuole dire apprezzare, conoscere vuole dire amare». Dal 2017 ApritiModa, progetto ideato dalla giornalista Cinzia Sasso, prova a farci innamorare di quel connubio tra testa e mani «alla base del nostro modo di vivere ed essere». Operazione culturale — non a caso ha il patrocinio del ministero guidato da Dario Franceschini (e di Camera della Moda, Altagamma, Fai) e sponsor come Intesa Sanpaolo ma anche il Consorzio tutela del prosecco doc — ApritiModa ha mosso i suoi primi passi a Milano (20 mila visitatori nel 2019) e Firenze. Quest’anno,
per l’edizione del rilancio, tutto il Paese è coinvolto. «È come vedere l’arcobaleno all’orizzonte», spiega Cinzia Sasso, che per organizzare la rassegna ha inseguito stilisti, tampinato imprenditori, coinvolto addetti ai lavori, studiosi, esperti di costume. «Siamo mossi dalla passione, la stessa che anima questi luoghi straordinari». Che ci rappresentano al meglio. Che parlano di noi. «Come Palazzo Trussardi a Bergamo, un’apertura che mi commuove anche solo a dirlo, con quello che la città ha sopportato in questo tragico anno». Come gli atelier (un tuffo nell’eleganza del passato da Curiel, in via Monte Napoleone a Milano). O le piccole aziende familiari, esempio di coraggio e tenacia.
Partecipare è semplice (tutte le informazioni su apritimoda.it) «e ci rende orgogliosi». Protagonisti di una sinergia virtuosa: «Facciamo cultura e marketing del Paese mettendo insieme soggetti diversi e molto generosi. Nessuno ci avrebbe scommesso. Ma siamo diventati una squadra. E da questa squadra possiamo ripartire».