Sì alle bevande Ma chiediamo la cannuccia biodegradabile
Sono rispuntate le cannucce di plastica. Non serve neanche far parte del popolo della movida per vedere che cocktail e bevande sono sempre più spesso serviti alla vecchia maniera, senza le cannucce in bambù riciclabili o quelle biodegradabili che prima del Covid 19 si stavano moltiplicando. Nel postlockdown anche le bottiglie hanno scalzato le borracce e i bicchieri monouso appaiono più igienici di quelli da lavare e riutilizzare. Non è così sempre e in ogni cosa. La grande distribuzione inglese ha annunciato che nell’ultimo anno (grazie all’introduzione del costo di 5 penny al pezzo) l’uso dei sacchetti di plastica è crollato da 322 milioni di borse a 226 milioni. Purtroppo, però, sembra ancora una goccia nel mare: uno studio pubblicato dalla prestigiosa rivista Science ci avvisa che la quantità di plastica che finisce negli oceani — se non faremo abbastanza per impedirlo — si triplicherà in soli 20 anni, arrivando nel 2040 a un peso totale di 600 milioni di tonnellate. Questa tendenza non vuole solo dire che le remote isole di immondizia galleggianti negli oceani aumenteranno. Ci stiamo dimenticando che quella plastica la mangiamo. Secondo il tour May Day Sos Plastica di Greenpeace, Università Politecnica delle Marche e Ias-Cnr di Genova, il 35% di pesci e crostacei raccolti nel Mar Tirreno centrale hanno ingerito microplastiche e fibre tessili. In particolare ne inghiottiscono (75-100%) gallinelle, scorfani e pagelli che hanno una stretta relazione con i fondali. Difendiamo il mare allora, e i nostri piatti. Secondo Science, una serie di comportamenti virtuosi — tra cui la sostituzione con materie compostabili e la progettazione di imballaggi riciclabili, e in generale un maggior riciclo — entro lo stesso 2040 potrebbe ridurre dell’80% la plastica negli oceani, far risparmiare 60 miliardi di euro e creare 700mila posti di lavoro. Ricordiamocelo ordinando un cocktail: cannuccia biodegradabile, please. O niente cannuccia.