PAKISTAN E AFGHANISTAN, AL CONFINE SI SPARA ANCHE PER IL CORONAVIRUS
Una delle conseguenze più gravi del protrarsi per anni di un sanguinoso conflitto è il permanere della logica della violenza. Si ricorre alle armi anche quando non servirebbe. Al sorgere della prima difficoltà diventa normale pensare che la soluzione stia nella forza. Come è avvenuto tra giovedì sera e venerdì mattina a Spin Boldak, uno dei più importanti passaggi doganali tra l’Afghanistan meridionale e il Belucistan pachistano. Causa misure precauzionali contro il coronavirus, la frontiera era chiusa. La gente ha iniziato a manifestare. Improvvisamente, la scintilla della guerra. Un bombardamento gravissimo da parte delle artiglierie pachistane: sembra abbiano causato almeno 15 morti e oltre 80 feriti tra i civili afghani. Un massacro. Gli alti comandi a Kabul sono in allarme rosso. Erano giorni che migliaia di civili si accalcavano, specie nella parte afghana, per attraversare. Non è strano. Siamo nel cuore delle regioni pashtun. Bandiere diverse ma stessa etnia, stessa lingua, stessi cibi, stessi abbigliamenti e stessa fede religiosa in entrambi i Paesi. Questo era e resta terreno di reclutamento dei talebani. A Kandahar, appena più a Nord, il Mullah Omar aveva invitato Osama bin Laden negli anni Novanta. Ed entrambi poi fuggirono in Pakistan passando da queste parti più volte per non essere catturati dopo l’invasione americana dell’ottobre 2001. Oggi i due governi cercano disperatamente di far fronte all’epidemia. Da marzo i confini vengono aperti a singhiozzo. In Pakistan sono confermati 278.305 casi positivi e quasi 6.000 decessi. Ma il virus appare del tutto fuori controllo specie nel disastro afghano. Si parla di circa 36.700 casi positivi e 3.000 morti. In realtà, le organizzazioni umanitarie internazionali sostengono che i numeri potrebbero essere molto più alti. Lo Stato non funziona, la corruzione impazza. Sembra che molti medicinali e apparecchi per la cura del virus donati dall’Onu a Kabul siano già stati contrabbandati nelle cliniche private a Peshawar e Quetta. Per reazione gli afghani tendono sempre più a ignorare il virus, contestano le misure preventive. E i soldati del Belucistan rispondono come sono abituati a fare: sparano.