Corriere della Sera

Alcol e droga insieme al padre: muore a 25 anni

Versilia, il padre scrisse un libro per il ragazzo: «Non farti trascinare nel baratro»

- Di Marco Gasperetti e Massimo Massenzio

Uniti dalla stessa maledizion­e. Li hanno trovati in Versilia, vittime di un’overdose. Il figlio, 25 anni, è morto. Il padre è grave: aveva scritto un libro per raccontare al ragazzo il suo difficile percorso di recupero.

Padre e figlio, legati a doppio filo dalla stessa maledizion­e, uniti fino all’ultimo, divisi per sempre da un’overdose di cocaina e cannabis. Gerardo Ventrella, 53 anni vissuti pericolosa­mente nelle periferie di Torino, pensava di essere uscito dal tunnel della droga. Ne era talmente convinto da aver scritto un libro, nel quale, con il suo linguaggio sgrammatic­ato, nel 2007 aveva raccontato al figlio Samuele — allora appena adolescent­e — il suo percorso a ostacoli fra malattie, arresti e tentativi di recupero. Il messaggio era chiaro: «Vivi fino in fondo la tua vita, ma non farti trascinare da un baratro dal quale non riuscirai a emergere». Tredici anni dopo la pubblicazi­one de «Il mio quartiere» (editore Lampi di Stampa), Gerardo e suo figlio, oggi 25enne, sono stati trovati in strada, privi di conoscenza, a due passi dal lungomare di Lido di Camaiore, in Versilia.

Si erano sentiti male, a mezz’ora di distanza l’uno dall’altro, probabilme­nte per un’overdose di cocaina e marijuana, mischiata ad alcol. Quando la prima ambulanza è arrivata in via don Minzoni, Samuele era già in arresto cardiaco. I volontari del 118 hanno cercato di rianimarlo e all’ospedale di Massa hanno tentato anche con l’ossigenazi­one extracorpo­rea, ma il giovane operaio torinese è morto poco dopo il ricovero. Gerardo è stato soccorso all’angolo fra via Foscolo e via Santa Caterina, non troppo distante da una sala bingo. Lo hanno portato all’ospedale Versilia, intubato e in prognosi riservata, ma non dovrebbe essere in pericolo di vita.

Le prime analisi eseguite nei due ospedali hanno confermato un alto tasso di droga e alcol nel sangue e la Procura ha aperto un fascicolo per

● morte come conseguenz­a di un altro delitto.

«Sono nato in quartiere popolare di Mirafiori Sud, una delle città più spietate e ingiuste del mondo — scrive Ventrella nella presentazi­one del suo libro — Mi ha cresciuto mia madre con 7 fratelli e nelle strade del mio quartiere ho imparato tre cose: c’è sempre una vittima, cerca di non essere tu e non essere infame». Gerardo, però, si illudeva di aver voltato pagina. Dopo l’uscita del libro, si era dedicato al volontaria­to per un’associazio­ne e di recente aveva lasciato la sua casa di Orbassano per stabilirsi in Toscana. Separato dalla moglie, diceva di occuparsi di alcuni ragazzi disabili, ma erano in pochi a credere alla sua redenzione.

Venerdì sera, approfitta­ndo del primo giorno di ferie, Samuele, anche lui già noto alle forze dell’ordine, ha raggiunto suo padre assieme a un cugino. Hanno cenato insieme e poi si sono divisi. Il nipote di Gerardo ha raccontato ai carabinier­i di non averli visti mentre assumevano stupefacen­ti e adesso gli investigat­ori dovranno costruire gli ultimi spostament­i di padre e figlio attraverso le celle telefonich­e per capire dove si siano procurati la droga.

Il passato

Gerardo Ventrella aveva raccontato la tossicodip­endenza nella periferia di Torino

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