«I trasporti? Non siamo signor No Ma le deroghe vanno concordate»
Guerra del Cts: delicato riaprire le scuole, 10 milioni di persone fuori casa
Direttore aggiunto dell’Oms e componente del Cts, Ranieri Guerra lei è un signor No?
«Né io é i miei colleghi del comitato tecnico scientifico possiamo essere considerati dei signor No. Finora la strada verso le riaperture è stata progressiva, ragionata e basata su criteri di sicurezza oggettivi. Noi non procediamo per prese di posizione. La nostra bussola è l’evidenza scientifica. Siamo soddisfatti per come il governo ci ha seguiti. Quella dell’Italia è stata la linea più efficace per il contenimento dell’epidemia, come viene riconosciuto a livello internazionale»
Però sulla questione dei treni avete dovuto alzare la voce per imporre la vostra linea o no?
«La linea è stata sempre quella di prevedere il mantenimento delle distanze. Non c’era nessuna deroga da noi autorizzata. Le deroghe erano previste nel decreto ma bisogna proporle, non disporne in modo autonomo. L’ordinanza del ministro Speranza ha chiarito bene quali fossero le posizioni».
Pensate di dare una stretta anche sugli aerei?
«Sui voli è più semplice capire la logica della vendita dei posti senza alternanza perché le sedute non sono mai frontali e gli aerei hanno un ricambio d’aria a pressione positiva. Il rischio infettivo legato alla circolazione d’aria è inferiore rispetto ai treni per volumi e velocità di ricambio. Al momento non c’è motivo di raccomandare il distanziamento, purché le mascherine vengano cambiate ogni 4 ore».
A che punto siete con la scuola?
«È un continuo divenire. Il 31 agosto è in programma una conferenza di consenso con almeno altri 30 Paesi per confrontare le esperienze. In assenza di prove conclusive sui rischi del riavvio dobbiamo basarci sulle esperienze, valutare chi ha fatto che cosa e dove è andata meglio».
La ripresa della didattica sarà una fase cruciale?
«Sarà un momento molto delicato, 10 milioni di persone fuori casa, in movimento. Abbiamo visto cosa è successo in Israele e in Francia dove hanno voluto anticipare il ritorno in aula».
Che prove ci sono sui rischi?
«Il problema è proprio questo, non ce ne sono di definitive. Innanzitutto sulla contagiosità. Sappiamo che i bambini di 10-11 anni sono poco contagiosi in quanto presentano l’immaturità dei recettori usati dal virus per agganciarsi alle cellule. Tra 11 e 19 anni invece la contagiosità è uguale a quella di un adulto. Di fronte a questi dubbi vale il principio di massima cautela. Andare con i piedi di piombo. Fermo restando che la scuola dovrà aprire».
La logica del fare un passo per volta ha funzionato?
«È l’unica che funziona. Prevedere riaperture ogni quindici giorni, secondo i tempi di incubazione del virus. Il Sars-CoV-2 si trasmette grazie alla mobilità umana. Se si vede che la catena dei contagi non è ripresa si va avanti, altrimenti si torna indietro. È andata bene».
Il rialzo dei casi c’è ma è sotto controllo e il sistema di sorveglianza territoriale funziona L’italia è all’ultimo posto in Europa per numero di ammalati per 100 mila abitanti, i numeri parlano
Andata bene? Ma se l’Italia è piena di focolai e i positivi non calano.
«Il rialzo dei casi c’è, ma è sotto controllo. Era inevitabile che succedesse, un minimo di contraccolpo le riaperture lo hanno dato ed era da mettere in conto. In questa fase il sistema di sorveglianza territoriale funziona e si riesce a cogliere i positivi sul nascere. Ecco perché l’età media dei nuovi casi è passata da 60 a 40 anni. Questo è dovuto anche al fatto che le persone anziane si proteggono di più, mentre invece i giovani hanno abbassato la guardia ed è un errore. Non proteggere se stessi significa mettere a rischio gli altri».
Siamo vicini alla seconda ondata?
«Non ci può essere la seconda ondata se la prima non si esaurisce. Questa ne è lo strascico. Il virus è rimasto sotto traccia e dà segno della sua presenza con i focolai».
Com’è messa l’Italia?
«Il centro europeo per il controllo delle malattie infettive, l’Ecdc, ha pubblicato la tabella dell’incidenza dei nuovi casi. L’Italia è all’ultimo posto con 5,2 su 100 mila abitanti, poi la Germania con 8,4, Regno Unito 12,6, Francia 19, Croazia 25,3, Bulgaria 46,8, Spagna 53,6 e Romania 75,1. I numeri parlano».