Missione compiuta
Ieri il primo ammaraggio dopo 45 anni dall’era Apollo. Dragon segna il doppio trionfo di Musk: tecnico (sul concorrente Boeing) e politico (sulla Russia)
«Grazie per aver volato con SpaceX»: la prima missione spaziale con astronauti a bordo effettuata con un missile e un’astronave privata, quelli della società di Elon Musk, si è conclusa felicemente ieri con l’ammaraggio della capsula Dragon con a bordo Doug Hurley e Bob Behnken nelle acque del Golfo del Messico. Splashdown alle 2.48 del pomeriggio della costa orientale Usa, come previsto. Dopo il comprensibile sospiro di sollievo, l’ironico messaggio dal centro di controllo della Nasa ai due viaggiatori dello spazio, nello stile dei messaggi delle compagnie aeree.
Un modo per sottolineare l’inizio di una nuova era, quella delle missioni spaziali realizzate da aziende private, a due mesi dal lancio del missile Falcon da Cape Canaveral e 18 ore dopo il distacco della navicella Dragon dalla Stazione spaziale internazionale, con l’inizio della fase di rientro. Immagini dal sapore un po’ retrò: l’ammaraggio di una navicella spaziale appesa a un grappolo di paracaduti simile a quelle Apollo, Gemini e Mercury degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso.
Una missione che è stata, per Elon Musk, un trionfo politico (la fine della dipendenza americana dalle Soyuz russe per andare nello spazio), ma soprattutto tecnologico: il suo missile e la sua astronave funzionano perfettamente mentre quelli del suo concorrente Boeing, che ha avuto dalla Nasa il doppio dei fondi ricevuti da SpaceX con l’identica missione, sono ancora in officina: nel test senza uomini a bordo del dicembre scorso, la capsula Starliner non è riuscita ad agganciare la Stazione spaziale. Pochi giorni fa la Nasa ha completato l’esame di quella missione individuando 80 problemi che la Boeing dovrà risolvere prima di tentare, probabilmente a fine anno, un altro test senza uomini a bordo.
Nella migliore delle ipotesi, quindi, lo Starliner inizierà le missioni con astronauti nella prossima primavera. Quando SpaceX avrà già effettuato almeno due altre missioni: una programmata per l’autunno e un’altra in primavera quando la capsula Dragon porterà sulla stazione spaziale anche Megan McArthur, la moglie di Bob Behnken, uno dei due astronauti rientrati ieri sulla Terra.
Un trionfo tecnologico, ma nella fase finale della missione Musk e i suoi ingegneri si sono dovuti affidare anche all’artigianato e alle imprevedibili forze della Natura: l’astronave Dragon, denominata Demo-2, ha dovuto, infatti, fare i conti, nel suo ammaraggio, con la tempesta tropicale Isaias che proprio in queste ore ha colpito la costa atlantica della Florida. Per questo l’ammaraggio è stato programmato in una zona più protetta, all’interno del Golfo del Messico, vicino Pensacola.
Un ammaraggio come l’America non vedeva dal 1975, quando tornò a terra l’ultima navicella Apollo. Nei decenni successivi gli astronauti sono andati in orbita con gli shuttle che, avendo ali e carrelli di atterraggio come gli aerei, potevano atterrare sulla terra ferma. Frenata al rientro nell’atmosfera dai sui motori-razzo, nella fase finale la capsula Dragon è scesa a terra rallentata da due serie di paracadute che, una volta arrotolati e piegati a mano da esperti, non possono essere testati in alcun modo. È stata questa, forse, la fonte di maggiore trepidazione.
Ma tutto ha funzionato perfettamente. Le tecnologie digitali hanno consentito a Musk di progettare veicoli molto affidabili e anche molto più leggeri e meno costosi. Un’altra svolta rivoluzionaria, destinata a ridurre ulteriormente i costi, arriverà tra qualche mese quando per le missioni spaziali verranno riutilizzati astronavi e booster, i razzi laterali del primo stadio del missile, che vengono recuperati. Per la missione autunnale, chiamata Crew-1, verranno usati materiali nuovi, ma in quella della prossima primavera, Crew-2 gli astronauti voleranno sulla stessa astronave rientrata ieri dallo spazio, mentre i booster saranno quelli di Crew-1.