Bologna, le scuse del governo Mattarella: «Serve piena verità»
Migliaia in piazza per i 40 anni della strage alla stazione. Casellati: ora basta segreti
I tre fischi del locomotore trasmessi in streaming, il maxischermo in piazza Maggiore davanti a migliaia di persone — che ha mostrato la deposizione di corone nella sala d’aspetto della stazione (off limits per le misure anti Covid) — il minuto di silenzio, i fiori sulla lapide con i nomi delle vittime, l’immagine dell’orologio fermo alle 10.25.
Così Bologna, a quarant’anni di distanza, ha ricordato la strage del 2 agosto 1980, quando una bomba in stazione uccise 85 persone e ne ferì 200. Una giornata che ha riaperto ferite mai rimarginate; ma che, nel contempo, ha visto prendere posizione le istituzioni in modo netto. Forse come mai prima d’ora.
A partire dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che in mattinata è uscito con una nota molto netta. «Desidero riaffermare la vicinanza, la solidarietà e la partecipazione al dolore — ha affermato il capo dello Stato, a distanza di pochi giorni dalla sua visita in città —. Riaffermando, al contempo, il dovere della memoria, l’esigenza di piena verità e giustizia e la necessità di una instancabile opera di difesa dei principi di libertà e democrazia».
Sul palco della commemorazione, poi, è stato il turno della presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati: «Siamo tutti qui per ricordare che le istituzioni hanno un debito di verità nei confronti di Bologna e dell’intero Paese. E verità significa prima di tutto conoscenza e trasparenza».
«Che memoria vogliamo lasciare in eredità alle future generazioni? — ha proseguito Casellati —. Non certo una memoria di depistaggi, una memoria di mandanti occulti o di interrogativi non risolti. Basta segreti su Bologna, ma questa volta basta sul serio. Rendere giustizia non significa soltanto identificare e punire i responsabili. Significa soprattutto accertare, chiarire e ricostruire puntualmente ogni fatto, ogni dinamica, ogni interesse, ogni finalità». A fianco della presidente del Senato il viceministro dell’Interno Vito Crimi, il sindaco
Virginio Merola, il presidente dell’associazione dei familiari Paolo Bolognesi. E proprio dal viceministro si sono sentite le prime «scuse» di un governo per l’attentato: «La serietà impone che di fronte ai famigliari si ponga un punto fermo. Dopo quarant’anni si può chiedere solo scusa», ha detto Crimi durante l’incontro con i familiari nel Cortile d’Onore di Palazzo d’Accursio.
Ai parenti delle vittime si è rivolto anche il sindaco Merola: «Le novità che si annunciano con le iniziative della Procura e grazie all’attività vostra, come associazione dei familiari delle vittime — ha detto —, ci fanno ben sperare di raggiungere la verità completa. Tutta la città vi è vicina e continua a condividere profondamente il vostro dolore».
Infine è stato Paolo Bolognesi a tracciare il bilancio di questi quarant’anni («Positivo per lo sviluppo delle indagini — ha sintetizzato —, ma ora c’è un momento che può dare la svolta totale»). E quindi a lanciare l’ultimo appello: «Il processo che si aprirà a breve sui mandanti può cambiare la storia d’Italia e questo processo è anche frutto delle nostre lotte. È una storia che ci riguarda tutti e il cui finale dipende da noi».
Che memoria vogliamo lasciare in eredità alle nuove generazioni?