Corriere della Sera

LE SFURIATE E L’INGLESE QUELLE ARMI IN PIU’ DI BUCCI

- M. Ima.

Avolte la memoria fa strani scherzi. Era il 2 giugno del 2017, Festa della Repubblica. Vigilia delle elezioni amministra­tive. In piazza De Ferrari, i vertici del centrodest­ra, guidati da Giovanni Toti, erano schierati a stringere mani. Tra loro, c’era un signore con un completo non troppo elegante che si presentava ai suoi potenziali elettori. «Piacere, io sarei il candidato sindaco...». Nessuno conosceva davvero Marco Bucci, compresi i suoi referenti che quel giorno prendevano preventiva­mente le distanze da lui, non partiva favorito, dicendo che era poco mediatico, grigio, impacciato.

Oggi il sindaco di Genova è una specie di Madonna pellegrina. Una foto con lui vale oro, il suo livello di popolarità tra i concittadi­ni è alle stelle, ed è bene ricordare che Genova è ancora oggi città molto di sinistra. Bucci ha interpreta­to il doppio ruolo di sindaco e Commissari­o alla ricostruzi­one senza cambiare sé stesso. La politica non gli interessa, tanto meno quella italiana. Non la conosce proprio e le rare volte che è costretto a parlarne, diciamo che si vede. Gli anni trascorsi negli Stati Uniti gli hanno lasciato un amore sconfinato per quella terra, per il modo che hanno gli americani di lavorare, per la loro struttura mentale semplice. Pensa in inglese, e anche qui si vede e si sente, in quasi ogni sua frase pena di modi di dire americani. «Io non ho mai dubitato di farcela. Anche perché costruire un ponte non è mica una rocket science. Mi sono limitato a fare cherry picking scegliendo le opzioni migliori, continuand­o a ragionare da manager, quale sono».

Questo è solo uno degli esempi. Ed è anche una delle ragioni per le quali Bucci è anche una persona molto simpatica. Non se la tira. Nel giorno in cui tutti celebrano l’impresa, lui dice che non è una cosa da scienziati della Nasa. «Dico che siamo stati bravi a farlo nei tempi giusti, con i costi giusti e nel modo giusto. Non è mai merito di una sola persona. Alla Struttura commissari­ale, dove ho avuto la fortuna di trovare persone straordina­rie, capaci di sacrificar­si perché credevano nell’obiettivo da raggiunger­e, abbiamo fatto un grande lavoro di team building».

In questi mesi, ha dato prova di una cocciutagg­ine e di una durezza che era già nota ai dipendenti del Comune, che lo hanno soprannomi­nato «u sindacu che cria», il sindaco urlante, per via delle sue frequenti sfuriate. La prima nel nuovo ruolo fu quando era stato appena nominato e aveva assegnato l’appalto. Gli ingegneri prospettar­ono una durata dei lavori di almeno due anni. «Dodici mesi» fu la risposta ad alto volume. «Non uno di più». Li ha pungolati, pressati, facilitati in ogni modo, ha fatto da scudo. «Il mio lavoro era di proteggere il cantiere dal sistema burocratic­o, di pungolare per dare una spinta dall’interno. Insomma, ho martellato». Sempre con quell’aria imperturba­bile che non prevede concession­i all’immagine. Una specie di marziano, che sa bene dove andare. «Ho imposto un metodo di lavoro americano, procedere in parallelo e in modo sequenzial­e. Avevamo gli occhi di tutto il Paese su di noi, ma a me non pesava. C’era un job, un lavoro da fare, mi sono concentrat­o solo su quello. Da domani pensiamo ad altro». A volte succede che ci sia la persona giusta al posto giusto. Anzi, the right person in the right place.

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Marco Bucci, 60 anni sindaco di Genova e della città metropolit­ana dal giugno del 2017. È commissari­o straordina­rio alla ricostruzi­one del ponte di Genova dal 2018
Chi è Marco Bucci, 60 anni sindaco di Genova e della città metropolit­ana dal giugno del 2017. È commissari­o straordina­rio alla ricostruzi­one del ponte di Genova dal 2018

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