Perversioni, fughe e maniaci d’amore: vanno in scena gli «Scampati» che sfidano il virus
Ametà strada tra Genova e il confine francese, Albenga non si accontenta del profumo delle sue erbe aromatiche, scommette sul teatro contemporaneo, la danza, lo spettacolo dal vivo. Lo fa con «Terreni creativi», il festival che da 11 anni anima, grazie alla compagnia Kronoteatro, l’estate di questa terra. «Con la voglia di guardare gli orizzonti più lontani, senza dimenticarci del nostro territorio», ripetono Maurizio Sguotti, Alex Nesti e Tommaso Bianco. L’hanno chiamato Scampati, giocando sul doppio significato di chi non si è arreso alle limitazioni imposte dalla pandemia e sul dialetto ligure che a questa parola assegna il significato di divertimento. Ridotto a due giorni ma confermato nella sede splendida e irrituale di una serra, «Terreni creativi» è tornato a proporre l’irripetibile sguardo artistico sulla realtà Distanti e con mascherine, ma finalmente insieme, perché il teatro è condivisione, vuole che ci si guardi in faccia, che l’artista si specchi negli spettatori e loro avvertano fatica, suono, movimenti. C’è troppa finzione nella nostra vita per rinunciare al teatro che ci aiuta a sopportare questa insopportabile realtà. L’ha ricordato Simona Bertozzi, portando ad Albenga «Porpora» , appunti d’azione coreografica, su musiche di Brian Eno e Gustav Mahler, sulla disarmonia di quello che crediamo equilibrio. O Babilonia teatro che ha riproposto il suo «Calcinculo»: Enrico Castellani e Valeria Raimondi fotografano la giostra assurda del nostro oggi, le perversioni e le sue fughe, «l’incapacità di immaginare un futuro». Non hanno perso un grammo di cattiveria e vivacità, mischiando canzoni e monologhi per scorticare il nostro finto presente. «Terreni creativi» ha presentato anche l’ultima produzione «Siede la terra» di e con Francesco d’Amore e Luciana Maniaci. La fertile intuizione dei «Maniaci d’amore» è una affilata provocazione sul nostro senso di comunità, sulla condanna ad un provincialismo cieco e sordo: lo spettacolo ci porta in un paese immaginario Sciazzusazzu di Sopra, un ovunque dove quello che accade porta alla diffidenza, all’incomunicabilità, all’ignoranza. Dove trionfa la pettegola, l’unica che può offrire la sua versione e imporla come verità. Un inno d’amore in forma d’ingiuria, lo definiscono. Insomma teatro, finalmente.