Corriere della Sera

Il paradiso via aliscafo Capri ha un «difetto»: è una meta troppo vicina

Se fosse alle Antille, sarebbe il viaggio della vita Ma questa bellezza esagerata è a un’ora scarsa di nave

- di Maurizio De Giovanni

Il problema è avercela così vicina. Perché si sa, le cose a portata di mano hanno la caratteris­tica di perdere valore. Se fosse alle Antille, o al largo del Golfo del Messico staremmo tutti a mettere da parte i soldi per poterci andare, almeno una volta nella vita; magari a festeggiar­e le nozze d’argento, camminando a bocca spalancata e naso all’insù alla ricerca di emozioni da riferire al ritorno, cellulare in pugno e dito pronto a schiacciar­e il tasto per fissare immagini indimentic­abili.

E invece ce l’abbiamo qui, che se ti gira in una mattinata storta dici ciao a tutti, ti alzi e ci vai, un’ora scarsa di aliscafo per affacciars­i su un panorama che sembra immaginato da uno scenografo esperto di effetti speciali, ci mancano solo un paio di lune e un pianeta ad anelli e siamo in pieno iperspazio, ponte a capitano, siamo arrivati in paradiso. E sei a casa per cena, se non fosse per il sorriso estatico che ti lascia in faccia nessuno si accorgereb­be della fuga.

Capri, sapete, non ha senso. È un’assurda ostentazio­ne, un’esagerata manifestaz­ione di bellezza. Ha dentro una specie di viaggio nel viaggio, è un’esperienza sensoriale, è inutilment­e regale. È un’isola, ha un clima incredibil­e e ci si può fare il bagno, certo: ma sarebbe una perdita di tempo. Perché la caratteris­tica specifica è che di ora in ora cambia, e ti fa cambiare con lei. Capri è femmina, soprattutt­o. Sa farsi trovare svestita, come per caso, sorridendo­ti in un raggio di luce, e sa perderti in una nuvola lisergica di profumo che non ti lascerà nulla di intatto nell’anima.

Non ci sentiremmo di indicare un luogo piuttosto che un altro. Abbiamo molta fiducia nei piedi, che seguendo naso e occhi sapranno trovare da soli la strada. Se potessimo dare un consiglio, diremmo di andare a braccio: come quando ci si abbandona a una sinfonia, come quando si chiudono gli occhi assaporand­o un piatto stellato di cui nemmeno ha senso chiedere gli ingredient­i, come si resta a bocca spalancata in una sala del Louvre.

Fatevi piuttosto portare dal vento, e scegliete una barca per entrare dal mare in una grotta che sembra in tutto uguale alle altre e che invece vi schiaffegg­erà il cuore, e sporgetevi dal fianco della stessa barca e immergete la mano nell’acqua, concedendo­vi lo stupore di vederla diventare blu: fatelo concentran­dovi, e vi assicuriam­o che quella mano, che pure conoscete così bene, avrà memoria di quel blu e ve lo ricorderà per sempre, ogni volta che la userete per la vita vile di ogni giorno.

E poi salite con la funicolare, in mezzo ai fiori e col mare alle spalle che vi consente il momentaneo allontanam­ento. Fatevi largo tra le vetrine che fanno come Circe, e fra i gelati di tutto lo spettro dei colori ma non vi lasciate tentare: avete una meta. Dovete arrivare ai giardini sospesi tra cielo e acqua, intitolati a un imperatore che decise che Roma era troppo poco per lui e trasferì la sede dell’impero sull’isola magica. In quei giardini troverete dei gelsomini, e sembra niente: e invece è tutto, perché c’è una fabbrica all’interno di quei vialetti che produce e vende le essenze dei fiori. Se non volete non comprate: ma provate ad annusare. Una volta sola, ma profondame­nte. A occhi chiusi, dopo molti anni e nel vostro letto, quell’odore tornerà nelle narici senza preavviso, come un tradimento; e guarderete la vostra mano blu nella notte, riconoscen­do il messaggio dei sensi.

Da lì incamminat­evi verso Tragara. Per favore, a passo lento: siate quasi fermi, un centimetro alla volta. Stupitevi per le ville che scendono scoscese alla vostra destra, trovate incredibil­e che ci sia chi ha casa lì, riflettete sul fatto che dovrebbe essere proibito possedere un pezzo di quella terra, se esiste un’umanità intera che popola il mondo e che ha o dovrebbe avere uguale diritto alla bellezza. E ritrovatev­i alla fine della strada, in uno slargo in tutto uguale agli altri slarghi del pianeta, con l’unica differenza che da lì potrete osservare un miracolo. L’unico miracolo a ripetizion­e continua, in servizio permanente effettivo: il luogo che costringe al silenzio e alla meraviglia, come un miracolo deve fare, e che come un miracolo mette i miscredent­i di fronte al dubbio, perché se esiste qualcosa del genere, credete a noi, non può essere frutto di un caso.

I nostri piedi e il nostro naso hanno scelto così. I vostri potrebbero scegliere altri mille itinerari, pieni di identico dolore dell’incanto, perché la troppa bellezza è anche una sofferenza.

Lo capite, adesso?

Che peccato, avercela così vicina.

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 ??  ?? Il blu e il verde Uno scorcio sui Faraglioni; a destra, in alto, i rigogliosi giardini di Augusto; al centro, Caroline di Monaco nella celebre piazzetta; Belen Rodriguez
Il blu e il verde Uno scorcio sui Faraglioni; a destra, in alto, i rigogliosi giardini di Augusto; al centro, Caroline di Monaco nella celebre piazzetta; Belen Rodriguez
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