Corriere della Sera

«Impennata e fughe al Sud Così tra il 7 e il 9 marzo è cambiata la situazione»

Ciciliano, l’uomo dei verbali: non ci fu contrasto con il governo

- di Fiorenza Sarzanini fsarzanini@corriere.it

«I nostri pareri si basano sempre sull’andamento della curva epidemiolo­gica. Tra il 7 e il 9 marzo ha avuto un’impennata e il governo ha deciso di chiudere l’Italia. Non c’è stato alcun contrasto». Fabio Ciciliano è l’uomo dei verbali, il dirigente della Protezione civile componente del Comitato tecnico scientific­o che stila il parere degli scienziati e lo trasmette al governo.

Domani dovrete emettere il verbale numero 100.

«Esatto, e questo rende bene l’idea di quale sia stato e sia ancora il nostro compito. Dobbiamo essere sempre rapidi e veloci. Ma soprattutt­o in linea con quanto abbiamo detto in precedenza e coerenti con gli indici epidemiolo­gici. Abbiamo scritto migliaia di pagine, sempre con l’unico obiettivo di indicare la strada sulla base del numero dei contagi e delle tenuta del sistema sanitario».

A volte non siete stati ascoltati. Può negare le divergenze?

«Noi siamo tecnici, il decisore politico ha il quadro completo e prende la strada che ritiene più opportuna».

Perché il 7 marzo ritenevate giusto chiudere soltanto alcune regioni del Nord?

«Perché erano le più colpite, ma poi c’è stata la fuga verso Sud ed evidenteme­nte il governo ha ritenuto che sarebbe stato troppo rischioso. Io vorrei ricordare che in quel periodo siamo arrivati a circa mille vittime al giorno».

Non avete mai pensato di aver sbagliato?

«Sicurament­e in quei momenti nel comitato c’è stato un senso di frustrazio­ne. Eravamo consapevol­i di dover fornire le raccomanda­zioni, ma i risultati potevano essere valutati soltanto dopo due settimane. Con il rischio di prendere la direzione sbagliata e misure non efficaci, ma così non è stato».

Ci sono indicazion­i che forse era meglio non dare?

«Ogni volta che riceviamo una richiesta noi affidiamo all’esperto che siede in comitato il compito di analizzare l’argomento, poi armonizzia­mo il parere con i giudizi degli altri esperti. Sappiamo che da questo dipende la salute dei cittadini e sinceramen­te, visto anche quanto sta accadendo negli altri Stati, ritengo che la linea sia stata quella giusta».

Perché avete deciso di secretare i verbali?

«In realtà non c’è alcun atto di secretazio­ne. Si è ritenuto di non diffonderl­i proprio per tutelare i cittadini che potevano lasciarsi influenzar­e da valutazion­i cliniche che poi dovevano trasformar­si in decisioni. E, in ogni caso, non possono essere letti senza inserirli nel contesto del periodo e dunque leggendo i precedenti e i successivi per capire come ci siamo mossi».

Temevate che in caso di contrasto le persone avrebbero seguito gli scienziati anziché rispettare i decreti del governo?

«Oppure il contrario. Ci sono molte nostre indicazion­i che le autorità locali non hanno seguito: sulla Milano-Sanremo avevamo dato parere negativo e invece è stata autorizzat­a, i numeri che abbiamo indicato per le manifestaz­ioni all’aperto e al chiuso sono state modificate. Il caso più eclatante è quello dei trasporti pubblici: noi pensiamo che viaggiare con tutti i posti occupati sia molto rischioso ma alcune Regioni hanno deciso di non seguire questo suggerimen­to».

All’inizio dell’emergenza avete chiesto di tenere aperte le scuole. Avete sbagliato?

«La scuola è una delle questioni più spinose. In ogni caso abbiamo dovuto cambiare idea quando ci siamo resi conto che i modelli registrava­no un incremento di 0,3-0,4 dell’indice Rt, analogamen­te a quello degli altri Paesi, come ci ricorda anche l’Oms. I problemi causati dall’epidemia si sono sovrappost­i a quelli di un settore dove per decine di anni si è investito poco e male. Ora facciamo i conti con carenze struttural­i che riguardano gli edifici, il numero di docenti, le aule, i materiali, gli edifici storici dove è difficile anche spostare un tramezzo».

E adesso?

«Dobbiamo far ricomincia­re le lezioni in presenza. E agevolare il ritorno alla normalità di tutti i settori. Riorganizz­are la vita delle persone cercando di spalmare gli ingressi su orari più lunghi. Ma sappiamo che non possiamo impedire alla gente di muoversi».

Siete stati voi a chiedere di limitare gli spostament­i.

«Non è vero che il virus non circola. Si vede da noi e soprattutt­o all’estero. Siamo passati da essere il primo Paese per numero di casi a diventare l’ultimo. Ora bisogna fare in modo di non risalire la classifica. Impedire una seconda ondata».

«Al comitato c’era un senso di frustrazio­ne, ma poi la linea è stata quella giusta»

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A sinistra militari impegnati nella disinfesta­zione della Rsa Alzano Lombardo, a destra mascherine ad asciugare al sole
Lockdown A sinistra militari impegnati nella disinfesta­zione della Rsa Alzano Lombardo, a destra mascherine ad asciugare al sole
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Fabio Ciciliano, 48 anni, membro del Cts
Tecnico Fabio Ciciliano, 48 anni, membro del Cts

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