Pillola abortiva, stop al ricovero È polemica sulle nuove norme
Le linee guida dopo il caso Umbria: potrà essere assunta fino alla nona settimana
«Un passo avanti nella libertà delle donne». No, una «scelta irresponsabile» che lascia alle donne «la libertà di essere sole». Scatena polemiche molto dure la scelta del ministro della Salute, Roberto Speranza, di cambiare le linee guida sull’uso della pillola abortiva. Mai più obbligo di ricovero per assumere la Ru486, a meno che la donna non sia «in ansia». Slittamento in avanti di due settimane del limite consentito per interrompere la gravidanza, non più fino alla settima settimana, ma fino alla nona.
Una decisione presa, dopo aver sentito il Consiglio superiore di sanità, riguardo al tema tornato alla ribalta della scena politica nello scorso giugno, quando la presidente leghista della Regione Umbria, Donatella Tesei, ha emanato una delibera di segno opposto. In nome di un principio di cautela, aveva disposto che il ricorso all’aborto farmacologico non potesse essere fatto più in day hospital ma solo durante un ricovero di tre giorni in ospedale. Una decisione che aveva sollevato la piazza, inducendola a scrivere al ministro, che ha sentito il parere del Consiglio.
«Siamo pronti ad adeguarci a una chiara e univoca linea del Ministero» ha detto ieri la governatrice. Convinta che «il fulcro, al di là delle polemiche, rimangono la tutela della salute delle donne, la loro autodeterminazione e la necessità di una linea comune scientifica».
Leu, il partito del ministro, lo definisce «un passo avanti nella civiltà», oltreché nella libertà delle donne. Dal Movimento Cinque Stelle, Emma Pavanelli, festeggia il «traguardo importante». E l’associazione Luca Coscioni chiede che ora si applichino le linee di indirizzo per eliminare le diseguaglianze nelle varie regioni. Ma sono molte anche le voci critiche.
Non è solo il quotidiano dei Vescovi, Avvenire, a giudicare «sconcertante che si parli di libertà» perché, scrive, «il via libera all’aborto farmacologico in privato, ciascuna a casa sua, con la dotazione di pasticche consegnate dall’ospedale», in realtà rende le donne «meno tutelate» e più «sole». «Ormai siamo al fai-da-te che libera il maschio», chiosa.
Ma anche da Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, bolla come «irresponsabile» la scelta di rendere «l’aborto una pratica casalinga fai-da-te». E il senatore leghista Simone Pillon accusa il ministro di «mettere a rischio la salute delle donne per ragioni ideologiche».
«Le evidenze scientifiche sono molto chiare. Il Css e le società scientifiche hanno espresso un parere favorevole univoco. Queste nuove linee guida sono un passo avanti importante e rispettano pienamente il senso della legge 194, che è e resta una norma di civiltà nel nostro Paese», rivendica il ministro Speranza, forte del parere del Consiglio che dà il via libera alla somministrazione in consultorio e prevede che mezz’ora dopo la donna sia mandata a casa. Ma chiede anche una verifica, ovvero che la donna non sia in ansia o sola in casa, non abbia una soglia del dolore troppo bassa e non viva in condizioni igieniche precarie. E secondo Repubblica, che lo ha anticipato, nel parere, tra i motivi della scelta, viene citato anche il risparmio economico per la sanità.