SE IL SENSO CIVICO DIMENTICA I BENI CULTURALI
In queste settimane, la scuola è al centro del dibattito pubblico. Pro o contro? I tanti si stanno interrogando sull’opportunità o meno del ritorno degli studenti in aula. Questa querelle ha messo in ombra un’importante novità, di cui si parla nelle «linee guida» inviate dal ministero dell’Istruzione. Dopo anni di marginalità, l’insegnamento dell’educazione civica viene reintrodotto nei programmi come percorso obbligatorio trasversale, con un monte ore (33 l’anno) e una specifica valutazione. Questo settore pedagogico ibrido ruoterà intorno a tre nodi decisivi: Costituzione, sostenibilità, cittadinanza digitale. Dunque, da un lato, lo studio della Carta costituente; dall’altro lato, la riflessione sui temi di bruciante attualità dell’ecologia e della comunicazione sul web e sui social. Una scelta di notevole rilievo e apertura: ripercorrere le nostre radici e, insieme, intercettare alcune tra le problematiche più urgenti della contemporaneità. La sfida sottesa a questa scelta: portare i ragazzi, ha sottolineato Irene Baldriga in Estetica della cittadinanza (Le Monnier), a considerare la propria appartenenza a una comunità come «una postura fisica e mentale, un modo di essere e di interagire con gli altri e con i luoghi che si abitano e che abitano dentro di noi». Eppure, nel documento del ministero dell’Istruzione, si avverte una grave assenza: nessun riferimento al patrimonio, ai beni culturali, al paesaggio. Si tratta, invece, di concetti fondamentali, intorno ai quali dovrebbe ruotare la formazione delle giovani generazioni. Solo se conosceranno quel prodigioso e unico impasto di natura, architettura e arte che ci offre il nostro Paese i cittadini di domani potranno dirsi davvero responsabili. Consapevoli del proprio ruolo nella società, consci del rilievo civile e politico della storia e della cultura, attenti ai valori e ai codici comportamentali. Infine, soprattutto sensibili verso il bene comune, verso l’eguaglianza, verso l’altro da sé.