Hines vede positivo: «Immobiliare, rimbalzo dal 2021 guidato da Milano»
Abbadessa: la domanda tornerà a crescere
Nel 2018 gli italiani hanno speso per comprare casa 94,3 miliardi, quasi cinque in più rispetto all’anno precedente. Invece il crollo delle compravendite immobiliari, nel primo semestre di quest’anno, è stato del 29,2% secondo Scenari immobiliari. La Bce, nel suo bollettino di maggio, ha scritto come fosse «probabile» che la pandemia di coronavirus avrebbe provocato un calo significativo della domanda di abitazioni a causa delle perdite di reddito e di ricchezza. Eppure, secondo alcuni operatori, il mercato «è florido con fondamentali sani e forti». Ne è convinto Mario Abbadessa, managing director di Hines Italy Re e vicepresidente di Assoimmobiliare. «Il rallentamento, inutile negarlo, c’è stato per tutto quello che è accaduto da febbraio
in poi — spiega — ma non si tratta e non si tratterà di un problema strutturale. Nel 2009, quando fallì Lehman Brother, andò in scena una crisi finanziaria globale ma oggi il sistema finanziario è sano, soprattutto quello italiano. Il coronavirus è stato un evento drammatico che ha bloccato e congelato la crescita ma passata l’emergenza credo che nel 2021 ci sarà un rimbalzo molto forte e soprattutto Milano ne coglierà i benefici». Proprio Milano, la città che nel 2020 dovrebbe risentire della flessione, secondo Nomisma: già nel 2021 la domanda potrebbe tornare a crescere, ma secondo le ipotesi più ottimistiche questo potrebbe accadere già nella seconda metà dell’anno in corso. Come spiega lo stesso Abbadessa. Quando si parla di Hines vengono in mente i grattacieli di Porta Nuova, poi venduti al Qatar. A Milano c’è un prima e post Porta Nuova: i prezzi medi di vendita nel 2019 hanno superato gli 8 mila euro al metro quadrato nelle zone centrali, più di 3 mila nelle zone periferiche. Gli studenti non riescono a trovare casa per la moltiplicazione degli affitti brevi.
Sarà ancora così?
«Da quando Hines costruì i grattacieli di Milano Porta Nuova, l’approccio è cambiato. Siamo sempre più registi e non accompagnatori degli investimenti e ci stiamo focalizzando sugli investimenti sociali. È vero, a Milano ci sono 230 mila studenti, di cui due terzi non originari della Lombardia
ma gli alloggi per studenti sono fermi al 5%. Questo è un gap pazzesco, sono necessari posti letto accessibili, idem per le case in affitto. L’industria immobiliare e noi nel nostro piccolo lo stiamo già facendo, progettando appartamenti da mettere in locazione a canoni bassi. Oggi a Milano abbiamo 3 mila posti letto in costruzione, ci sono i progetti Ripamonti e via Giovenale, Bovisa, Milano Sesto. E poi le case in affitto per la fascia media, con servizi di altissima qualità. Come nel caso di San Siro o nelle ex aree Falck. A canoni estremamente competitivi con servizi babysitter, aree coworking. Milano offrirà delle risposte a queste esigenze, che città come Parigi e Londra non sono mai riuscite a dare».
Dopo questi mesi di smart working si è parlato molto di come cambieranno gli uffici e anche di come le aziende cambieranno le loro esigenze di spazi. Cambierà quindi anche la domanda immobiliare?
«Non credo che improvvisamente il lavoro sarà da remoto e gli uffici non serviranno più. Gli uffici già da prima dovevano essere riconfigurati e lo saranno ancora più velocemente. L’open space in batteria non è più vincente, i metri quadri saranno riconvertiti in funzione alle esigenze e stessa cosa accadrà per le residenze, che saranno più in funzione dell’esigenza dell’utenza. Poi c’è anche un tema della logistica, nei prossimi tre, quattro anni sarà possibile ordinare le merci su Amazon esattamente come si fa con un panino su Glovo. Tant’è che si comincia a parlare di logistica urbana che cambierà moltissimo le città e le province per come le conosciamo oggi».
Cioè?
«In futuro le periferie non esisteranno più perché saranno integrate con la città, saranno aggregate e annesse alla città con dei veri e propri centri concentrici esattamente come sta succedendo per Sesto San Giovanni o per San Siro che è stata a lungo definita periferia. Il paradigma del centro, semicentro, periferia cambierà anche grazie agli hub della logistica di prossimità che consentiranno di ridurre il traffico e le emissioni. Grandi aree dismesse, ex magazzini centrali diventeranno hub di logistica».
Milano però non è l’Italia.
«Sì ma l’Italia è milanocentrica. E poi non dimentichiamo che il vantaggio dell’Italia è che ha piazze secondarie con una vocazione turistica incredibile. Il nostro è il Paese con più siti Unesco al mondo. È chiaro che adesso nelle altre città la situazione del mercato immobiliare è difficile ma Milano farà da traino al resto d’Italia. L’immobiliare poi deve tornare al centro delle politiche di sviluppo economico perché riguarda il 100% del Pil dell’Italia».
Addio open space
Dopo il Covid dovremo riconfigurare in fretta gli uffici, l’open space non è più vincente