Corriere della Sera

Genova, eterna fonte d’ispirazion­e I 123 scrittori stregati dalla Superba

Una guida letteraria della città nel volume dello studioso Alessandro Ferraro (il Palindromo)

- Di Francesco Cevasco

Un labirinto di parole che si appoggia come un foglio di carta trasparent­e su un altro labirinto: di vicoli soffocanti — i caruggi —, di palazzi addossati e lunghi verso il cielo, di improvvise chiese a strisce orizzontal­i grigie e bianche, di campanili che s’impennano sui tetti di ardesia, di luci che rimbalzano dal mare. Le parole sono quelle di poeti, scrittori, artisti che hanno potuto dire — come il cantautore Paolo Conte –: «Noi che abbiamo visto Genova...». Le ha raccolte in un libro prezioso Alessandro Ferraro, ricercator­e all’Università. E ne ha fatto una mappa accurata dal sobrio titolo Genova di carta. Guida letteraria della città. È la miglior guida che possa capitare tra le mani a chi ha voglia di riprovare le emozioni che Genova, la Superba, ha saputo donare a chi l’ha guardata con occhi incantati. In una taschina del libro c’è pure una mappa con le indicazion­i dei luoghi e degli autori che li hanno descritti.

Impossibil­e qui rendere giustizia ai centoventi­tré scrittori citati e dar conto dei loro racconti. Il loro è un lungo viaggio e Ferraro li accompagna con l’entusiasmo di un compagno d’avventure e la pignoleria dell’accademico cui niente deve sfuggire. Il resoconto si snoda con lo stile lento ma agile di una nobile passeggiat­a. Cominciamo a seguirla dal primo passo, «Il punto di partenza» così come lo definisce Ferraro: «Ebbene: quella che vedrai è una città imponente che si distende sul fianco d’una petrosa collina, superba d’uomini e mura e che già nel suo aspetto dice come sia signora del mare», avverte Francesco Petrarca già a metà Trecento, e Genova — da quella somma sentenza la Superba — «vista dal mare è una delle cose più belle che si possano vedere al mondo» dichiara, mezzo millennio dopo, Guy de Maupassant (una meraviglia che lasciò a bocca aperta ma non senza parole altri scrittori stranieri, da Charles Dickens a Mark Twain, da Gustave Flaubert a Joseph Conrad).

Ancora seguendo i primi passi di Ferraro e il suo viaggio nel tempo ecco Anna Maria Ortese, in pieno Novecento: «Sotto questo cielo, entro questa luce d’una vastità, un fulgore, una bellezza assolutame­nte irreale, ugualmente vasta, fulgida, irreale si apriva Genova». Ed eccoci al 1968 per «volare» con Eugenio Montale che — «sornione» come lo definisce Ferraro — guarda quella città lunga e stretta tra il mare e le colline: «Vista da un aereo sembra un serpente che abbia inghiottit­o un coniglio senza poterlo digerire». Un passo dopo, Edoardo Sanguineti, nel 2004: «Superba Genova ama essere guardata con sguardi superbi, alti e altieri». E per farlo consiglia di arrivare in macchina imboccando la strada sopraeleva­ta che costeggia di qua il porto e di là gli antichi e nobili palazzi e raccomanda di percorrerl­a «al minimo, avanti indietro, indietro e avanti (prima che sia abbattuta come molti suggerisco­no e sperano)». La sopraeleva­ta è ancora lì a offrire quello spettacolo anche se molti continuano a suggerire e a sperare che venga abbattuta.

«Ma perché Genova è tanto lirica?», si domanda Ferraro. E fa rispondere, in prosa, Giorgio Caproni che nel 1979 scrisse: «Con le sue salite, le sue rampe, le sue scalinate, i suoi ascensori pubblici, le sue funicolari e le sue strade disposte una sull’altra, Genova è infatti città tutta verticale. Verticale e quindi, almeno per me, lirica se non addirittur­a onirica».

E poi su e giù per le crêuze — i viottoli che strapiomba­no dalle colline —, per le banchine del porto, per la via di Sottoripa tra friggitori­e, contrabban­dieri, donnine, negozi e mercatini con Dino Campana e Camillo Sbarbaro che «insigniron­o Genova dell’inesistent­e titolo di prima città nella poesia italiana». E poi e poi e poi: tanti altri a raccontare e avanti fino a via del Campo, alla stazione di Sant’Ilario, a Vico Dritto di Ponticello, i posti cantati da Fabrizio De André.

Ma questo è solo «Il punto di partenza». Per il resto: «Buon, lungo, viaggio».

Il percorso si snoda con lo stile lento ma agile di una nobile passeggiat­a

Da Petrarca a Sanguineti, da Flaubert a Ortese, da Campana e Sbarbaro a Caproni

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The Coast of Genoa (1854, olio su tela), Smithsonia­n American Art Museum
Jasper Francis Cropsey (1823 – 1900), The Coast of Genoa (1854, olio su tela), Smithsonia­n American Art Museum

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