Corriere della Sera

Andrea e quell’idea di calcio che nasce da un pallone attaccato ai piedi

Una strada tracciata per lui da Agnelli

- Massimilia­no Nerozzi @MaxNerozzi

Era solo sbagliato l’annuncio, in fondo, quando dieci giorni fa Andrea Pirlo era stato presentato come allenatore dell’Under 23, perché il resto del vernissage suonava da epocale investitur­a: con Andrea Agnelli e lo stato maggiore al fianco, e parole dolci per tutti, tranne che per Sarri. Del resto, se l’abito fa il monaco, figurarsi il Maestro. Impeccabil­e, come lo è sempre stato sul campo, con quel nobile distacco che solo hanno i grandi, e quella sicurezza che appartiene ai predestina­ti: «Le responsabi­lità ce le ho addosso da quando avevo 14 anni». Detto senza mai scomporsi, come quando era sul prato, sotto l’attacco del pressing, e non cambiava mai espression­e, da film di Kurt Russell: «Sono nato pronto».

Pronta, come la strada che gli aveva tracciato il presidente Agnelli, già quel giorno: «Spero sia il primo passo di una strepitosa carriera. L’idea è che in futuro il percorso possa magari portarlo in prima squadra». Detto fatto, nel giro di una notte e neppure un giorno. È così che l’eccezional­e diventa fisiologic­o, per uno che, dall’autunno 2011, è juventino, dopo essere stato per dieci anni milanista. Denominato­re comune: vincente. Alla fede bianconera ci ha aggiunto la frequentaz­ione della città, mai davvero abbandonat­a. Tra la casa in centro, al numero 21 of course, e la bella villa di Pecetto, sulle colline a sud-est della città. Chi lo conosce bene, racconta come dal ritiro da giocatore, a New York, fosse partito un countdown che poteva portare solo qui: come Zidane con il Real Madrid. Moduli a parte — «non sono quelli che fanno la differenza» — aveva già il suo manifesto: «Ho in mente la mia idea di calcio. Con la palla tra i piedi e con la voglia di giocare sempre per vinceper re». Quell’entusiasmo di cui, la notte prima, parlava Agnelli. «Da giocatore odiavo delle cose e non vorrò rivederle in campo». Al solito, ruberà qualcosa da chi ha visto in cattedra: «Ho avuto tanti allenatori, e tutti mi hanno dato qualcosa: Ancelotti, Lippi, Allegri». Anche se il migliore mai visto, disse, è stato un altro: «Conte». Quello che gli spalancò un universo e, si narra, diede l’ultima spinta diventare allenatore. Ripartirà da quel che ha osservato: «Il gioco di Sarri mi piace, con il play che gioca tantissimi palloni». Più del Comandante, avrà il carisma che ti fa ascoltare e volti amici nello spogliatoi­o. Gente quasi di casa: «Anche quando sono andato via da Torino ho mantenuto buoni rapporti». Non gli manca l’ambizione, ma sa quanto costano le vittorie: «A tutti piacerebbe fare il percorso di Guardiola e Zidane, ma bisogna meritarsel­o, con tempo ed esperienza». L’ispirazion­e, come nelle favole, gli arrivò di notte: «Invece di dormire, immaginavo come piazzare i giocatori in campo. Lì ho pensato: devo fare questo». Il fiuto c’è: «Quando guardo un ragazzino — disse una volta — vedo come stoppa e passa la palla. Si capisce subito: se sa stoppare e passare, è bravo». Indole da timido fuori, fama da casinista tra i compagni, che lo adoravano, a partire da Rino Gattuso: «Lui può fare tutto, ha un’intelligen­za fuori dal comune».

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Andrea Pirlo passò dal Brescia all’Inter nel 1998. In nerazzurro giocò però pochissimo
Milan
Nel 2001 diventò rossonero e iniziò la sua storia di campione: con il Milan vinse tutto
Juventus
Nel 2011 il Milan non gli rinnovò il contratto e Pirlo si trasferì alla Juventus dove continuò a vincere
(Ansa) (LaPresse) (LaPresse) Inter Andrea Pirlo passò dal Brescia all’Inter nel 1998. In nerazzurro giocò però pochissimo Milan Nel 2001 diventò rossonero e iniziò la sua storia di campione: con il Milan vinse tutto Juventus Nel 2011 il Milan non gli rinnovò il contratto e Pirlo si trasferì alla Juventus dove continuò a vincere

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