Corriere della Sera

Quella battuta infelice Il fastidio di Ronaldo I silenzi di Gigi

- Massimilia­no Nerozzi

Èil 21 luglio 2019, una domenica, quando al National stadium di Singapore, Maurizio Sarri s’infila negli spogliatoi dopo il suo primo tempo alla guida della Juve, sotto 1-0 con il Tottenham, giocando malino: «Ma come ho fatto a perdere due scudetti contro di voi», se ne esce, tra la sfuriata e la battuta. Riuscita non benissimo, come poi succederà altre volte, durante la stagione. A qualcuno, in quello spogliatoi­o già pieno di campioni d’Italia e del Mondo (e di Ronaldo), quelle parole fanno un po’ girare le scatole. Quando si dice, un buon inizio. Eppure, qualche tifoso della rivoluzion­e c’era nel gruppo, se non ancora in quella squadra: da Pjanic, mister «giocherà 150 palloni a partita», a Dybala, uno che non vedeva l’ora di giocarsi il rilancio, con il Comandante. Idem Douglas Costa, cui il tecnico aveva prefigurat­o un ruolo da protagonis­ta negli schemi, e da titolare sul prato. Ne perderà diversi per strada, compreso il brasiliano, che ieri ha piazzato il suo like alla notizia dell’esonero. Insieme a quelli, scontati però,

Una stagione tesa, con molte incomprens­ioni, tormentata e conclusa molto male: c’è stato quasi un rigetto tecnico

di Emre Can e Mandzukic, quasi subito finiti sulla lista di proscrizio­ne. Non è stato solo un fallimento tecnico — pure per i mesi del lockdown — ma lessicale e spirituale, per affinità elettive, tra Sarri e i giocatori, che sono mancate fin dal principio. Come se l’allenatore fosse un formidabil­e ideatore di movimenti tattici e un pessimo creatore di empatia. A questo livello, almeno. Cristiano Ronaldo, tanto per fare il nome più ingombrate, s’è sempre impegnato ma spesso l’ha sopportato, anche per quella voce che, a ogni allenament­o, sentiva sabotargli il talento: «Gioca a due tocchi, gioca a due tocchi». Che va benissimo con quasi tutti, non con tutti. Del resto, bisogna essere pure psicologi, ripeteva spesso Allegri. A Douglas Costa dava fastidio quel fumare vicino allo spogliatoi­o, ad altri che troppo spesso scappasse qualche parolaccia. Dopodiché, c’è stato pure un «rigetto tecnico», da parte di una squadra condiziona­ta «da quello con la maglia numero 7». Cui però è dura rimprovera­re l’impegno. Per altri, invece, era una questione di convinzion­e, di accettare un nuovo modo di giocare e, soprattutt­o, di difendere. A zona, sempre e comunque, anche sui calci d’angolo. E lontani dalla porta, salendo e non scappando. Va da sé, una cosa è farlo con De Ligt, un’altra pretenderl­o da Bonucci e Chiellini. E poi ci sono i leader, come Gigi Buffon, che pure per Sarri s’era speso, specialmen­te all’inizio dell’avventura. Poi però, confidò l’allenatore a un amico, il portiere parlava e sbraitava negli spogliatoi solo le volte in cui giocava, altrimenti taceva. Che ci sta, nei ruoli, ma quel silenzio, alla fine, s’è fatto solitudine.

Un anno difficile

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