Corriere della Sera

Wout, il segreto è mescolare prati e asfalto

- Marco Bonarrigo

Che la Classiciss­ima la vinca un asso del cross stupisce solo chi non conosce la storia del ciclismo: Van Aert (tre ori iridati sui prati) trionfa 42 anni dopo De Vlaeminck (tre vittorie a Sanremo), un mito del fango. Wout però ha avversari di altro livello rispetto al predecesso­re e classe e motivazion­i superiori. Il cross da cui lui, innamorato pazzo, non si vuole separare sta alla strada come il mezzofondo veloce alla maratona: sui prati si gareggia per un’ora a tutta, acquisendo cambi di velocità, resistenza al dolore e all’acido lattico e abilità sopraffina a condurre la bici. Quelle che hanno permesso al belga ma anche ad Alaphilipp­e (argento mondiale di cross) di guadagnare i 2” che li hanno separati dal plotone dove si è messo in luce l’altro crossista-fenomeno, Van Der Poel, pronto ad esplodere. La parola chiave in Belgio e Olanda è è multidisci­plinarietà. Quella che ieri ha permesso all’ex calciatore della nazionale giovanile belga Remco Evenepoel, il nuovo Merckx, una prestazion­e lunare in salita al Polonia e all’ex saltatore con gli sci Roglic di schiantare Bernal in Francia. L’Italia, invece, pedala a vuoto: il cross è estinto, la mountain bike quasi. Nibali — bravo in una corsa non sua — ha trascorso la primavera cavalcando una Mtb: in assenza di federazion­e e cultura nazionale (da noi cross e strada sono mondi a parte, guai a chi li mescola), lo Squalo la polivalenz­a l’ha capita e la pratica di sua iniziativa. Non a caso, a 35 anni, è e resta il nostro faro illuminant­e.

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