La sesta volta di Lukashenko Scontri a Minsk, stop a Internet
Bielorussia: presidente riconfermato con l’80%. L’opposizione chiama tutti in piazza
Nessuno aveva il minimo dubbio che dalle urne Aleksandr Lukashenko sarebbe uscito vincitore per la sesta volta, in un modo o nell’altro. Il «babbo», come nelle campagne chiamano affettuosamente il presidente che guida la Bielorussia da 26 anni, mantiene il più stretto controllo del Paese. E anche questa volta non ha voluto correre rischi. Tutte le strade del centro di Minsk pattugliate dalla polizia, chiuse le stazioni della metro.
La commissione elettorale, a seggi ancora aperti, ha già indicato la linea ieri sera, diffondendo dati parziali: il presidente uscente sarebbe stato votato dall’82% degli elettori. La sua rivale più accreditata, Svetlana Tikhanovskaya, secondo una tv di Stato, non avrebbe preso più del 6,8%. Una rilevazione dell’opposizione condotta fuori dalle ambasciate all’estero fornisce dati esattamente opposti:
Lukashenko 10,7; Tikhanovskaya 71. Dopo la chiusura dei seggi la candidata ha detto: «La gente è con me»
A differenza di quello che accadeva nelle passate tornate elettorali, questa volta le misure preventive del «babbo» hanno fatto infuriare decine di migliaia di persone. Così la Tikhanovskaya, moglie di un blogger che era candidato e che è stato arrestato nelle settimane scorse, è diventata la sfidante-simbolo. Si è unita ad altre due donne legate ad altrettanti politici che il potere aveva messo in condizione di non nuocere e ha percorso in lungo e in largo la Bielorussia. Lukashenko l’ha snobbata fino alla fine, sostenendo che in ogni caso questa repubblica che divide l’Unione Europea dalla Russia «non è pronta per una donna al potere». Un’altra delle sue affermazioni apodittiche che regolarmente fanno il giro dei media internazionali: «La pandemia è solo psicosi»; «per star bene basta un bicchiere di vodka e una bella partita di hockey» e via dicendo. Gli americani l’hanno ribattezzato «l’ultimo dittatore d’Europa», ma proprio alla vigilia del voto lui ha voluto precisare che il termine, casomai, si deve applicare a «qualcun altro». Naturalmente parlava di Vladimir Putin, con il quale in questo momento ha pessimi rapporti. Nelle altre ricorrenze elettorali, Lukashenko agitava lo spettro di interferenze provenienti da Occidente. Ma la cosa, oramai, era poco credibile.
Così è comparso il pericolo della «destabilizzazione russa». Duecento mercenari arrivati da Mosca e, in realtà, diretti verso il Sudamerica (dove il Cremlino agisce tramite una compagnia di soldati di ventura privata, la Wagner)’ che sono stati invece indicati come possibili sabotatori. Trentatré sono stati arrestati dal Kgb bielorusso. Il presidente tira la corda con Mosca perché sa che Putin non ha alternative. Lo finanzia, lo coccola e fa in modo che la Bielorussia non finisca nel campo occidentale. Ma anche Stati Uniti ed Europa non hanno al momento altre carte. Lo criticano ma poi dopo le votazioni il business riprende come al solito. Questa volta l’opposizione ha chiamato tutti in piazza e già ieri sera ci sono stati scontri (con feriti), mentre Internet è stata bloccata.
Vedremo a cosa porterà la protesta. L’impressione è che tanto Washington che Mosca dovranno tenersi il «babbo».