La rinascita del Giglio e Uto Ughi stregato dalle sue cento calette
Il ritorno dei turisti, anche stranieri (e delle tartarughe) La lanterna trasformata in hotel e il borgo medioevale
Stessa spiaggia, stesso mare. Eppure stavolta la scena è completamente diversa. Tra la sabbia e gli scogli dello Scalettino, diventato tristemente il luogo simbolo del naufragio della Concordia, una notte di luglio è arrivata Speranza, una tartaruga marina, per deporre le uova in qualche anfratto segretissimo. Un segnale, l’ennesimo, della rinascita del Giglio, l’isola al largo dell’Argentario, luogo incantevole di vacanza prima di essere ferita da quell’enorme relitto della nave da crociera rimosso dopo un’operazione titanica. E siccome i segnali positivi (come a volte quelli negativi) non arrivano da soli, assieme alla tartaruga quest’anno sono tornati anche i turisti. Non solo italiani, ma molti stranieri, svizzeri soprattutto. Anche perché nessuno dei 1.400 abitanti del Giglio (in estate con i vacanzieri diventano 10 mila) è stato infettato dal Covid19 e gli unici quattro positivi sono arrivati dal «continente».
«La nostra isola con le sue cento calette, le spiagge straordinarie, i profumi, i panorami, il colore del mare e la tranquillità è davvero un paradiso sicuro alla portata di tutti», spiega con orgoglio il sindaco Sergio Ortelli.
Si narra che l’isola nasconda un incantesimo legato a chissà a quale mitica creatura marina capace di stregare gli animi più sensibili, quelli che riescono ad apprezzare l’essenza della Bellezza. Come è accaduto a Uto Ughi che al Giglio ha casa e che ha raccontato questo innamoramento in un’autobiografia. E, in un incontro pubblico, ha spiegato che il colpo di fulmine risale a più di vent’anni fa quando, appena sbarcato, «fui avvinto da questo panorama e capii che era il mio luogo».
Già, la musica. Quella sublime dello Stradivari o del Guarnieri del maestro Ughi ma anche quella nascosta dell’Isola, anch’essa uno strumento capace di vibrare e comporre melodie insieme al vento e alle onde. Per ascoltarle basta salire verso Punta Capel Rosso dove sorge un faro che tre sorelle imprenditrici fiorentine stanno trasformando in un residence. Oppure spingersi sino a Faro Fenaio, la punta più a nord del giglio, un’antica «lanterna» trasformata in un bed & breakfast di lusso dall’ex vice sindaco Mario Pellegrini, uno degli eroi della Concordia che, mentre il comandante Schettino scendeva dalla nave ferita a morte, saliva sulla chiglia rovesciata per salvare vite umane. Faro Punta Fenaio è un luogo magico dove la natura si mostra in tutta la sua prepotenza. Può persino accadere di ascoltare il canto delle balene che qui fanno rotta come molti altri cetacei.
Sull’isola ci sono tredici alberghi e molte case in affitto disseminate a Giglio Porto, la porta d’ingresso, oppure nel borgo medievale di Giglio Castello (ottimo dopo il mare per pomeriggi tra storia e relax) e ancora sulla baia di Giglio Campese dove l’acqua da verde smeraldo si trasforma nel colore del cielo secondo le correnti. Se poi si ama passeggiare tra la macchia mediterranea, ecco la Cala delle Cannelle sul versante davanti a Monte Argentario con la sabbia bianchissima. Per chi ama la quiete, ci sono la spiaggia delle Caldane, mai troppo frequentata, o quella dell’Arenella, un po’ più chiassosa ma deliziosa.
Se poi si vuole fare un’escursione tra natura e cultura ecco la vicinissima Giannutri, isoletta satellite del Giglio. Qui trionfa da millenni la villa romana dei Domizi, famiglia imparentata con Nerone. Tra i ruderi è stato trovato un mosaico in bianco e nero unico al mondo, che rappresenta la leggenda di Teseo, Arianna e del Minotauro con tanto di Palazzo di Cnosso raffigurato finemente.
Storia, leggende. E miti. Come quello straordinario di Zanara (o Zanera), l’Atlantide del Mar Tirreno, un’isola «che non c’è» ma che sorprendentemente viene disegnata dal cartografo, scienziato e astronomo fiammingo del Cinquecento, Gerard De Cremer a noi conosciuto come Gerardo Mercatore. Uno spazio di mare (dove sorgeva l’isola misteriosa) noto ancora oggi all’Isola del Giglio col nome di Secca della Vedova e descritto come una sorta di «triangolo delle Bermude» dove si consumavano inquietanti naufragi.
A Zanara si aggiunge poi la leggenda di Mamiliano, il santo del V secolo il cui tesoro (monete d’oro) è stato ritrovato pochi anni fa a Sovana (Grosseto), che sarebbe vissuto e morto nell’isola di Montecristo e, secondo alcune storie popolari, si sarebbe fermato a Zanara, l’isola che non c’è.