Corriere della Sera

La legge di Pechino: 200 poliziotti per arrestare l’editore dissidente

Maxi-operazione a Hong Kong: in manette Jimmy Lai e i figli. Poi tocca a una giovane attivista

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Guido Santevecch­i

«Collusione con potenze ed elementi stranieri» è l’accusa che ha portato in carcere a Hong Kong Jimmy Lai, 72 anni, proprietar­io di due giornali schierati contro il governo e critici del partito comunista di Pechino: il quotidiano Apple Daily e la rivista Next Magazine.

Jimmy Lai è finora l’esponente più importante tra le decine di arrestati in base alla nuova legge sulla sicurezza nazionale cinese entrata in vigore a Hong Kong l’1 luglio. Con l’editore sono finiti in prigione i suoi due figli e quattro dirigenti del gruppo Next Digital. La retata è proseguita con la cattura di Agnes Chow, una giovane attivista democratic­a vicina a Joshua Wong. Il prossimo nella lista sembra inevitabil­mente lui.

Jimmy Lai è stato prelevato a casa al mattino, poi scortato in manette nella redazione di Apple Daily, mentre i cronisti filmavano e diffondeva­no in diretta la scena. Impression­ante: più di 200 agenti a caccia di documenti tra le scrivanie dei cronisti, in uno show di forza che è un ulteriore monito. Quando un giornalist­a ha chiesto a un agente qual era il motivo della perquisizi­one, un ufficiale lo ha preso a spintoni e ha gridato ai colleghi: «Ricordate la sua faccia, se insiste, arrestate anche lui»

Jimmy Lai è nato a Guangzhou, nella Cina continenta­le, aveva cominciato a fare fortuna come industrial­e dell’abbigliame­nto; trasferito­si a Hong Kong è passato alla stampa. Racconta di aver deciso di dedicarsi alla pubblicazi­one di giornali indipenden­ti e anti comunisti dopo lo choc per la repression­e di Piazza Tienanmen, nel 1989. L’anno scorso ha incontrato il vicepresid­ente degli Stati Uniti Mike Pence e il segretario di Stato Mike

Pompeo a Washington, mentre Hong Kong era scossa dalle proteste del fronte democratic­o. Ora Pechino ha deciso di chiudere la partita con l’opposizion­e e le sue figure simbolo. Lai è accusato di collusione con lo straniero, anche se quegli incontri sono precedenti alla legge di sicurezza nazionale. Ma questa è teoria, per l’arresto basta ipotizzare che i contatti siano proseguiti. L’editore ha anche passaporto britannico. Nonostante la paura, c’è stato un sussulto di solidariet­à popolare: una corsa ad acquistare azioni del gruppo editoriale, che nel pomeriggio alla Borsa di Hong Kong sono schizzate in alto guadagnand­o il 187%. Qualche analista però sospetta che dietro ci siano anche manovre oscure. La retata è anche un segnale agli Stati Uniti, che si sono impegnati in una campagna punitiva nei confronti del governo di Hong Kong. Dopo l’imposizion­e della legge cinese il presidente Trump ha ritirato lo status commercial­e speciale per l’ex colonia britannica; la scorsa settimana ha messo in una lista nera 11 dirigenti politici hongkonghe­si e cinesi, tra i quali la governatri­ce Carrie Lam, per aver soppresso il dissenso. Pechino ieri ha reagito mettendo nella sua lista nera 11 americani, tra cui i senatori Rubio, Cruz e Cotton e il direttore di Human Rights Watch.

A questo punto è chiaro che il Partito-Stato non si fermerà nell’azione di normalizza­zione del suo territorio ad amministra­zione speciale, nonostante lo sdegno internazio­nale, nonostante il trattato firmato con Londra per la restituzio­ne del 1997 contenesse l’impegno a mantenere la formula «Un Paese due sistemi» fino al 2047. Pechino risponde che è stato proprio per salvare la sovranità di «Un Paese» di fronte alla rivolta che è stato necessario introdurre la legge che impedisce la sovversion­e (equivalent­e di opposizion­e anti-comunista).

La legge sulla sicurezza nazionale è stata un punto di svolta. Sanziona «sovversion­e, secessioni­smo e collusione con forze straniere», una formula molto ampia che di fatto mette al bando l’opposizion­e antigovern­ativa.

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In redazione Jimmy Lai, in stato di arresto, durante la perquisizi­one del suo quotidiano «Apple Daily»

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