Corriere della Sera

Genova, la Merica Quando la libertà ha occhi di donna

- di Carlo Baroni

Lei è una che scansa i baciamano. Con un garbo che non ti offende. Un ritrarsi delicato, uno sfuggire lieve le labbra che si abbassano. Un evitare quelli che piegano la testa. E non è per superbia. Solo per voglia di uguaglianz­a. Lei porta i pantaloni, ma sopra c’è spesso una gonna. Lo fa per stare comoda più che per azzerare le differenze. Lei è una contessa vera, senza bisogno di almeno tre cognomi, e però sta dalla parte di chi non ha pescato il numero giusto al terno al lotto della vita. La chiamano Cielo, anche se all’anagrafe fa Maria Celeste. Gli occhi, invece, sono verdi. Indimentic­abili. E colorano le pagine di Quel blu di Genova, il nuovo libro di Michele Mozzati (La nave di Teseo, pagine 208, 16).

Lei è una donna, ma anche una città. Anzi tre. Così diverse e così uguali. Città di acqua quando non possono essere di mare. Di oceani e di Navigli. San Francisco e Genova. Milano. Soprattutt­o Milano. Perché è da qui che parte la storia. Che come «tutte le storie sono storie d’amore». C’entrano le donne, per forza, e c’entra quella voglia di libertà che come il coraggio se non ce l’hai non te la puoi dare. Ernesto Giudici, per esempio, ce l’ha. In quella Milano imbevuta di Risorgimen­to dove devi schierarti. Di qua o di là. E a sceglierti la parte giusta non è il lignaggio o il conto in banca. Che per i Giudici è cospicuo. E allora ti viene da pensare che Ernesto tifi Vienna. E invece lui e gli austriaci sono incompatib­ili come il vino bianco con la cassoeula. Ma se è per questo anche i Savoia sono un piatto poco commestibi­le. Come dire che lui ha la ribellione nel sangue.

La sua rivoluzion­e dura un giorno. Quello di Carnevale, pensa te. Il 6 febbraio 1853. Milano prova a fare il bis delle Cinque Giornate. La rivolta sarà una mezza pagina sui libri di storia. Ernesto fugge. E con lui Cesco, Cesco Esposito che di scappare non avrebbe più neanche tanta voglia. Venuto via da Napoli, sperava in Milano, gli toccherà la traversata per la Merica. Un panettiere che legge, del resto con tutto il tempo che ha. I vent’anni come in una canzone di Massimo Ranieri, mondi che si aprono. L’odio per i tiranni che non sempre sono quelli che comandano e siedono sui troni. I despoti sono dentro di noi. E si chiamano ignoranza, pigrizia, fatalismo.

Genova con i suoi «svicoli micidiali» è l’approdo prima della libertà. La città del mugugno infinito per qualcosa che tarda sempre a cambiare. Il posto di Cielo. La donna che racchiude tutte le altre donne. Per Ernesto e Cesco un’attrazione più inevitabil­e che fatale. Lei che capisce. Lei che è bellissima ma è così banale dirlo che quasi non conta. Lei che si indigna per i soprusi e per quel (questo) mondo diviso sempre in due. Cielo che soffre la contraddiz­ione del suo stato sociale e di un cuore generoso. E non basta l’elemosina per dire di stare con gli ultimi e tacitarsi così la coscienza. Cielo che fa i soldi epperò la ricchezza è un bene da condivider­e. E fa un business con quei pantaloni blu che non si rompono e stanno bene con tutti. La Merica di Levi Strauss e di Ernesto e Cesco che neanche in mille sogni avrebbero pensato fosse così. Cominciata da una parte, New York, e scaraventa­ta sull’altra riva, San Francisco. Tre famiglie che diventano una. E un diario ritrovato dall’ultimo erede che porta dentro i nomi e i destini di tutti e tre: Pietro Giudici Esposito Sommariva. Tre cognomi come le contesse di una volta. Un filo che tiene insieme San Francisco e Milano. Le città dove con i mattoni dei muri demoliti si costruisco­no ponti.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy