Se il tifoso ridà la bici a Pinot La bolla del Tour è un azzardo
A Nizza tanti dubbi sul virus e troppe cadute, Kristoff in maglia gialla
Allo scivolone numero 11 (o 12, le fonti non concordano), 2.800 metri prima dell’arrivo umidiccio della Promenade des Anglais, è già chiaro a tutti che la bolla di protezione dei 176 eroi del Tour de France è sforacchiata come un piattello da tiro. Stretto attorno a Thibaut Pinot, eroe transalpino che si rialza con un livido per capello, si forma un capannello di spettatori senza mascherina pronti a porgergli la bici o scattargli una foto. Il traguardo blindato di Nizza — tra le città più contagiate di Francia — è un colabrodo, il distanziamento sociale una barzelletta. Al maturo (33 anni) Alexander Kristoff, quasi incredulo per aver vinto dopo un lungo digiuno («No, proprio non me l’aspettavo. I miei figli saranno contentissimi»), la maglia gialla viene fatta indossare nel retro palco in modalità virucida, ma il pubblico — tenuto a distanza dalla partenza, dove i corridori sono mascherati come Darth Vader — dilaga quando gli atleti sono a corto di ossigeno e quindi più vulnerabili. Proteggere la corsa è un’utopia: che la carovana arrivi a Parigi incontaminata (ieri il governo ha ribadito che i team con più di due contagiati, staff incluso, vanno subito a casa) appare più azzardo che scommessa.
Quella della Costa Azzurra doveva essere una passerellacontentino per gli sprinter. In un Tour dal percorso spacca gambe, la prima maglia gialla era in palio in volata e non con la solita crono. Ma tre salitelle (e relative discese) e un asfalto saponetta hanno provocato sconquassi di cui solo oggi (a radiografie completate) sapremo le reali conseguenze. Compulsando i bollettini medici e quelli sociali, a terra sono finiti in 97. A Miguel Angel Lopez — rimbalzato contro un cartello stradale — è andata di lusso. Meno bene per George Bennett, gregario chiave di Roglic o Pavel Sivakov, pedina fondamentale di Bernal, che ha perso un quarto d’ora. E naturalmente per Pinot, da anni inseguito dalla sua nuvoletta di Fantozzi. A terra anche Viviani, Nizzolo, Ewan, Aru, un professionista dei ruzzoloni come Pozzovivo, Quintana e Lopez. Sull’ultima discesa, disperati, i corridori si sono inventati una neutralizzazione — che gli Astana hanno provato a violare, beccandosi contumelie di ogni genere — che ha portato una media cicloturistica. Lungo un rettilineo finale da duri, ha dominato gente abituata a pattinare sull’asfalto: un norvegese ha infilzato un danese (l’iridato Pedersen), un olandese (Bol), l’irlandese Bennet e lo slovacco Sagan, ancora controfigura di se stesso. Viviani e Nizzolo si sono divisi sesto e settimo posto, scossi per i ruzzoloni e mai nel vivo dello sprint.
Di rivincite tra ruote veloci se ne parlerà la settimana prossima perché questo Tour (disegnato per evitare i tapponi-pisolino dei tempi che furono) parte con salite a ripetizione. Oggi tra Nizza e Nizza (186 chilometri) bisogna scavalcare la Colmiane e il Turini (entrambi oltre i 1.500 metri) e altri due colletti arcigni nel finale. Velocisti a parte, tra i big chi ha ossa che scricchiolano o forma precaria potrebbe già dover dire addio ad ogni sogno di gloria.