Sfida al fortino Toscana: sinistra mai così stanca, se vinciamo il Colle rifletta
Salvini, Meloni e Tajani con Ceccardi. E Berlusconi telefona La leader di Fratelli d’Italia evoca le elezioni anticipate
Nel cuore della sfida. Il centrodestra al gran completo si è riunito ieri in piazza della Repubblica a Firenze per suonare la carica nella competizione che fino a pochi anni fa sarebbe stata impensabile. «Comunque finisca, sarà stata storica» dice quasi commuovendosi un militante con capelli grigi e tricolore pronto da sventolare. Di tricolori, una piazza di circa 2.000 persone, è ribollente. Ma anche quelle bandiere sono un segno del tanto che è cambiato. Ieri avrebbero rappresentato una piazza post missina. Oggi, sventolano tra le mani dei leghisti ex padani e dei sostenitori di Giorgia Meloni che fascista non è più. E la piazza, appunto, è piena. Claudio Borghi è estatico. Milanese, candidato della Lega 5 anni fa, arrivò al 20% e già pareva molto. Ma ora piazza della Repubblica gli pare «un miracolo. Sono felice di aver dato la prima picconata ed è giusto che sia una vera Toscana come Susanna a guidare la rivoluzione».
Il tono della manifestazione è quello della festa, fino all’ultimo il centrodestra si attiene al cambiamento che ha cercato di dimostrare per tutta la campagna elettorale. Mostrare il volto meno ansiogeno e meno divisivo, con il «sorriso» di cui parlano Matteo
Salvini e la candidata Susanna Ceccardi che addirittura confessa «una simpatia» per il suo avversario Eugenio Giani: «Se andrà male, scaricheranno le colpe su di lui. E no, caro Pd... Siete voi che avete governato».
Un sentimento di pacificazione espresso nel modo più compiuto da Giorgia Meloni: «Molti hanno fatto campagna contro di noi, dipingendoci chissà come. Ma noi non facciamo paura, siamo solo persone appassionate che da quando hanno i calzoni corti fanno quel che fanno per amore della loro terra». Che è poi il refrain di tutta la manifestazione, con i dirigenti dei partiti che scuotono la testa mostrandosi sui telefonini le parole del sindaco di Firenze Dario Nardella: «Il desiderio del centrodestra è distruggere quanto costruito finora. E quindi non siamo sorpresi di questa aggressività ma risponderemo con grande forza tranquilla, pacata, serena e non quella violenta a cui abbiamo assistito finora».
A rompere il ghiaccio, Antonio Tajani che passa la parola, anzi, la linea telefonica a Silvio Berlusconi. La voce dell’ex premier è affaticata ma il pronostico senza incertezze: «Da lunedì per la prima volta governeremo la Toscana e festeggeremo in tutta Italia”. Con un appello a «coloro che si sentono non di sinistra ma sono delusi: dovete andare a votare, avete un grande dovere verso voi stessi, le vostre famiglie e i vostri figli».
Giorgia Meloni è molto carica e strappa ovazioni tonanti quando invita a «non avere paura di cambiare. La sfida è difficile e lo sappiamo, ma qui abbiamo visto una sinistra stanca, così abituata a vincere sempre da aver rinunciato a governare questi territori». Anche se non rinuncia a ribadire quanto sostiene da settimane: «Se vinciamo Conte non rassegnerebbe le dimissioni? Il presidente della Repubblica una riflessione dovrebbe farla». E sfida anche Zingaretti a «un confronto pubblico» sulle 2000 proposte di FdI che «il governo e la maggioranza hanno cestinato senza leggerle».
Tra i leader, il finale è per Matteo Salvini, anche lui di pace. La donna che a Pontassieve gli è balzata addosso strappandogli il rosario? «Non vedo l’ora di incontrarla». Prima di ringraziare perché «in giro per la Toscana ci sono piazze contro, questa è una piazza per». Un gruppetto di contestatori tenta di rovinare la festa ma non è cosa: «Qualcuno va a cercare nemici che non ci sono. Ma qui siamo in una terra di bellezza, non vale la pena». E per esprimere la fiducia nella vittoria in un sistema che considera bloccato da anni, cita Michelangelo ma soprattutto Galileo: «Eppur si muove».
È un voto concreto Le altre sono piazze contro, la nostra è una piazza per: a favore della bellezza M. Salvini
Qui i dem sono talmente abituati a vincere da avere rinunciato a governare i territori
G. Meloni