Nei 5 Stelle le spinte per il voto disgiunto Il veto dei vertici: mai
Appello di Travaglio: turatevi il naso in Puglia e Toscana Di Maio: sarebbe sleale. Le voci su una scissione
«Turatevi il naso e votate disgiunto». Non si sa se Indro Montanelli, di cui Marco Travaglio si professa discepolo, avrebbe apprezzato il nuovo appello in chiave Pd: allora era il 1976, il Pci rischiava di superare la Dc e il giornalista temeva l’avvento del «regime». Oggi la Lega e il centrodestra rischiano di sfondare e per fare argine Travaglio chiede di dare una mano ai candidati dem, in Toscana e in Puglia, dove non si è trovato l’accordo Pd-M5S. Per capire se l’editoriale del direttore del Fatto Quotidiano ha lasciato il segno, si dovrà aspettare lo scrutinio. Scontate le reazioni piccate dei protagonisti: il voto disgiunto, o panachage, non può essere cavalcato dagli eletti. Ma è tra gli elettori che l’idea potrebbe fare
Brescia Sbagliato l’invito a non votarla Laricchia può farcela
breccia.
Luigi Di Maio dice di no: «Non sarebbe leale verso i nostri». Vito Crimi la vede così: «Chiedo un voto disgiunto al contrario: votiamo i candidati M5S per un vero cambiamento». Le due regioni chiave sono la Toscana, con il candidato dem Eugenio Giani, che teme il sorpasso della leghista Susanna
Ceccardi. E la Puglia, dove Michele Emiliano teme che la 5 Stelle Antonella Laricchia dia una mano a Raffaele Fitto di FdI.
Giuseppe Brescia, che non è certo un esponente della destra M5S, non lascia spiragli: «Quello di Travaglio è un consiglio molto sbagliato. In Puglia siamo straconvinti che Antonella ce la possa fare». E il governo non rischia? «Ma no, non c’entra nulla». Ma Fitto ed Emiliano pari sono? «Sì, rappresentano la vecchia politica clientelare. Se in Toscana vince Salvini, vuol dire che il territorio sceglie quel tipo di politica. Ognuno si prenda le sue responsabilità». In Toscana, dove la situazione delle liste a sinistra è definita dai locali «un grullaio», la senatrice 5 Stelle Laura Bottici è irremovibile: «Giani è improponibile. Il governo? Non rischia. Semmai rischiano il Pd e Italia viva». La candidata 5 Stelle nella regione Irene Galletti critica l’appello: «Mi sembra un segnale di debolezza, un errore perché fa pensare che la destra potrebbe vincere. E poi perché non si è fatto un appello a quel 40% che non vuole andare a votare? Con noi non ci si dovrebbe turare il naso».
Sicuri che tutti i parlamentari siano schierati a testuggine contro il voto disgiunto? No, spiega Paolo Lattanzio, che da un mese si è trasferito al Misto e sostiene, insieme a Lorenzo Fioramonti e Michele Nitti, Emiliano: «Su 40 eletti in Puglia, ce ne sono 3-4 che sono d’accordo con me, ma non usciranno mai allo scoperto». Lattanzio spiega: «Andare da soli è stata una scelta suicida. L’unico gesto politico della Laricchia è stato quello di denunciare un presunto scandalo sulle plafoniere». Perché Di Battista e altri puntano tutto su di lei? «Cercano di radicalizzare lo scontro nel Movimento tra governativi e antigovernativi e tra chi vorrebbe un ritorno alle origini, con la solita gara a chi è più duro e puro. Se prendono tanti voti, potranno dire che è passato il modello, quello di un movimento barricadero».
Ma ci sono spinte anche in direzione opposta, come dimostra il summit che ci sarebbe stato alcuni giorni fa con una decina di eletti progressisti. Lo spettro di una scissione, magari con la creazione di un gruppo «contiano», è il timore più forte dei dirigenti. Con Luigi Di Maio che delegittima Crimi e invoca «una leadership forte, magari collettiva».
Lattanzio
Andare da soli per il M5S è stato suicida