Corriere della Sera

Nei 5 Stelle le spinte per il voto disgiunto Il veto dei vertici: mai

Appello di Travaglio: turatevi il naso in Puglia e Toscana Di Maio: sarebbe sleale. Le voci su una scissione

- di Alessandro Trocino

«Turatevi il naso e votate disgiunto». Non si sa se Indro Montanelli, di cui Marco Travaglio si professa discepolo, avrebbe apprezzato il nuovo appello in chiave Pd: allora era il 1976, il Pci rischiava di superare la Dc e il giornalist­a temeva l’avvento del «regime». Oggi la Lega e il centrodest­ra rischiano di sfondare e per fare argine Travaglio chiede di dare una mano ai candidati dem, in Toscana e in Puglia, dove non si è trovato l’accordo Pd-M5S. Per capire se l’editoriale del direttore del Fatto Quotidiano ha lasciato il segno, si dovrà aspettare lo scrutinio. Scontate le reazioni piccate dei protagonis­ti: il voto disgiunto, o panachage, non può essere cavalcato dagli eletti. Ma è tra gli elettori che l’idea potrebbe fare

Brescia Sbagliato l’invito a non votarla Laricchia può farcela

breccia.

Luigi Di Maio dice di no: «Non sarebbe leale verso i nostri». Vito Crimi la vede così: «Chiedo un voto disgiunto al contrario: votiamo i candidati M5S per un vero cambiament­o». Le due regioni chiave sono la Toscana, con il candidato dem Eugenio Giani, che teme il sorpasso della leghista Susanna

Ceccardi. E la Puglia, dove Michele Emiliano teme che la 5 Stelle Antonella Laricchia dia una mano a Raffaele Fitto di FdI.

Giuseppe Brescia, che non è certo un esponente della destra M5S, non lascia spiragli: «Quello di Travaglio è un consiglio molto sbagliato. In Puglia siamo straconvin­ti che Antonella ce la possa fare». E il governo non rischia? «Ma no, non c’entra nulla». Ma Fitto ed Emiliano pari sono? «Sì, rappresent­ano la vecchia politica clientelar­e. Se in Toscana vince Salvini, vuol dire che il territorio sceglie quel tipo di politica. Ognuno si prenda le sue responsabi­lità». In Toscana, dove la situazione delle liste a sinistra è definita dai locali «un grullaio», la senatrice 5 Stelle Laura Bottici è irremovibi­le: «Giani è improponib­ile. Il governo? Non rischia. Semmai rischiano il Pd e Italia viva». La candidata 5 Stelle nella regione Irene Galletti critica l’appello: «Mi sembra un segnale di debolezza, un errore perché fa pensare che la destra potrebbe vincere. E poi perché non si è fatto un appello a quel 40% che non vuole andare a votare? Con noi non ci si dovrebbe turare il naso».

Sicuri che tutti i parlamenta­ri siano schierati a testuggine contro il voto disgiunto? No, spiega Paolo Lattanzio, che da un mese si è trasferito al Misto e sostiene, insieme a Lorenzo Fioramonti e Michele Nitti, Emiliano: «Su 40 eletti in Puglia, ce ne sono 3-4 che sono d’accordo con me, ma non usciranno mai allo scoperto». Lattanzio spiega: «Andare da soli è stata una scelta suicida. L’unico gesto politico della Laricchia è stato quello di denunciare un presunto scandalo sulle plafoniere». Perché Di Battista e altri puntano tutto su di lei? «Cercano di radicalizz­are lo scontro nel Movimento tra governativ­i e antigovern­ativi e tra chi vorrebbe un ritorno alle origini, con la solita gara a chi è più duro e puro. Se prendono tanti voti, potranno dire che è passato il modello, quello di un movimento barricader­o».

Ma ci sono spinte anche in direzione opposta, come dimostra il summit che ci sarebbe stato alcuni giorni fa con una decina di eletti progressis­ti. Lo spettro di una scissione, magari con la creazione di un gruppo «contiano», è il timore più forte dei dirigenti. Con Luigi Di Maio che delegittim­a Crimi e invoca «una leadership forte, magari collettiva».

Lattanzio

Andare da soli per il M5S è stato suicida

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