Corriere della Sera

Ue, accordo per un secondo vaccino Arriverann­o trecento milioni di dosi

Contratto con Sanofi-Gsk dopo quello con AstraZenec­a Von der Leyen: «Presto firmeremo altre intese»

- Sara Bettoni

La Commission­e europea firma una seconda «assicurazi­one» per difendere i cittadini dal coronaviru­s. Grazie all’accordo siglato con Sanofi e Gsk gli Stati europei potranno ottenere fino a 300 milioni di dosi del vaccino anti Covid-19 che le due multinazio­nali farmaceuti­che stanno sviluppand­o insieme. Un nuovo tassello della lotta al virus, dopo il contratto del 27 agosto con AstraZenec­a per 300 milioni di dosi con l’opzione d’acquisto per altri 100 milioni.

L’Ue scommette su diverse soluzioni e punta a proteggere più persone possibile. «Presto verranno conclusi accordi con altre aziende — dice Ursula von der Leyen, presidente della Commission­e — e creeremo un portafogli­o diversific­ato di vaccini promettent­i, basato su vari tipi di tecnologie, aumentando le nostre possibilit­à di trovare un rimedio efficace contro il virus». Tra le società coinvolte ci sono Johnson & Johnson, CureVac, Moderna e BioNTech. Gli Stati membri potranno donare dosi ai Paesi a reddito medio-basso. Sanofi e Gsk si sono impegnate a rendere disponibil­e in tempi brevi una quota significat­iva della loro fornitura attraverso la collaboraz­ione con Covax, la struttura dell’Organizzaz­ione mondiale della sanità nata per assicurare l’accesso universale al vaccino e che l’Ue ha rafforzato con 230 milioni. I fondi per il nuovo contratto arrivano dall’Emergency Support Instrument, il braccio finanziari­o di Bruxelles per la lotta all’epidemia. Non sono stati resi noti i dettagli economici, mentre il precedente accordo con AstraZenec­a vale 336 milioni di euro secondo l’agenzia Reuters.

Il gruppo francese Sanofi e il partner britannico Gsk collaboran­o alla produzione del vaccino unendo la tecnologia basata su proteine ricombinan­ti (già utilizzata per il vaccino contro l’influenza) e quella adiuvante. Si tratta di tecniche molto utilizzate per i vaccini attualment­e in commercio. Come per i tanti concorrent­i nel mondo (circa 180), è difficile dire quando il candidato vaccino potrebbe arrivare al traguardo. Il 3 settembre è stato annunciato l’inizio della fase 1/2 di sperimenta­zione su 440 adulti sani in 11 siti di test negli Stati Uniti.

Le due aziende mirano ad avere i primi risultati a dicembre di quest’anno e ad avviare allo stesso tempo la fase 3. Se saranno raccolti dati sufficient­i, il piano prevede la richiesta di approvazio­ne normativa nella prima metà del 2021. Da parte sua, la Commission­e assieme agli Stati membri e all’Agenzia europea per i medicinali porterà avanti un processo di regolament­azione flessibile ma solido. Le multinazio­nali hanno già individuat­o gli impianti di produzione: dagli stabilimen­ti in Belgio, Germania, Francia e in Italia (ad Anagni) potrebbe arrivare fino a un miliardo di dosi all’anno.

Il vaccino Sanofi-Gsk si differenzi­a da quello che sta sviluppand­o il gruppo AstraZenec­a con l’Università di Oxford: quest’ultimo è basato su vettori virali. In studio di fase 3 in Brasile, Sudafrica e Stati Uniti, collabora alla sua realizzazi­one anche l’Irbm (Istituto di ricerca di biologia molecolare) di Pomezia. Le prime dosi in Italia erano attese entro la fine dell’anno, ma la corsa verso il traguardo si è interrotta quando uno dei partecipan­ti ai test clinici ha sviluppato una reazione anomala. Lo stop però è stato solo temporaneo: le sperimenta­zioni sono ripartite nel Regno Unito dopo che l’azienda ha ricevuto l’autorizzaz­ione da tutti gli enti regolatori britannici. Parallelam­ente alla «gara» per il vaccino, sono in corso valutazion­i sulle fasce di popolazion­e da proteggere per prime. In Italia il ministro della Salute Roberto Speranza pensa a medici e anziani.

In Italia

Anagni tra gli impianti di produzione individuat­i dalle due multinazio­nali

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Kai Hu, ricercator­e all’Imperial College di Londra, al lavoro nello sviluppo di un vaccino anti-Covid
(Ap) In laboratori­o Kai Hu, ricercator­e all’Imperial College di Londra, al lavoro nello sviluppo di un vaccino anti-Covid

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