Bene se è un progetto per rilanciare il Paese
L’esclusiva per la cessione della Borsa italiana che il London Stock Exchange, che ne è proprietaria, ha dato alla cordata italo-francese può rappresentare un punto di svolta per il nostro Paese. È innegabile che negli ultimi mesi nelle cronache economico-finanziarie siano risuonati fortemente i vari patti franco-tedeschi su settori come l’idrogeno, le batterie elettriche, il cloud. Non che la presenza italiana sia marginale in quei settori. Ma più sul fronte aziendale. Abbiamo imprese come Enel, Eni, Snam con leadership continentali e presenti nei vari progetti, ma senza il timbro e il conseguente peso politico dei ministri competenti come nel caso di Parigi e Berlino.
Ma il fatto che in una piattaforma come la Borsa (e non secondario, anzi come elemento fondamentale, anche quella del mercato telematico dei titoli di Stato) l’Italia torni in partita è decisivo. Per i protagonisti: la cordata è formata oltre che dalla Cassa depositi e prestiti anche dalla maggiore banca europea, Intesa San Paolo, e appunto da Euronext, un network che comprende le Borse di Parigi, Amsterdam, Bruxelles, Dublino e Oslo. Quello della dimensione, per quanto importante in un mondo e in una competizione che resta globale soprattutto a livello tecnologico, è forse l’aspetto più immediato ma che non deve portare a lasciare in ombra altre realtà e potenzialità future.
Potenzialità che il nostro Paese deve giocarsi in termini di governance del nuovo soggetto se e quando la trattativa andrà in porto. L’attenzione con la quale il ministero dell’Economia ha seguito la vicenda potrà essere d’aiuto. Il peso e il valore di accordi come quello che hanno portato alla costituzione della cordata con Euronext si misureranno anche in termini di posizioni, come la presidenza (che dovrebbe andare a un italiano), la direzione e la rappresentanza nei vari organi di governo del nuovo soggetto. Il fatto inoltre che siano coinvolte istituzioni finanziarie italiane di peso dovrebbe essere una garanzia della volontà di contare.
Ci sono le premesse affinché all’aspetto di operazione puramente di mercato si affianchi anche la caratteristica di operazione-Paese. Pareggiare la presenza francese in un network così di rango può avere risvolti industriali che non vanno sottovalutati. La corsa al controllo di Borsa italiana, che ha visto e vede anche i tedeschi di Deutsche Bourse e gli svizzeri di Six molto impegnati, dimostra quanto considerevole sia stata l’attività in questi anni della piazza finanziaria di Milano. Programmi come Elite per far accedere le imprese al mercato dei capitali o eccellenze come l’Mts (il mercato dei titoli di
Stato) possono mettere al centro l’Italia anche sul fronte dell’hi-tech.
L’operazione può saldarsi con la decisione di Banca d’Italia di fare di Milano il centro nazionale del Fintech. E, allargando lo sguardo al sistema dei pagamenti che vede Nexi come attore tra i maggiori in Europa, e Sia (fornitrice tra l’altro dei software per buona parte delle banche centrali nel mondo) come società frontiera della tecnologia, si può iniziare a immaginare un futuro da leader non solo nei campi classici del made in Italy come moda, mobili e alimentare, manifattura in genere. E dovrà essere non solo il governo a fare di questi progetti gli assi portanti di un nuovo sviluppo, ma la politica tutta; uscendo dagli stucchevoli steccati di campagne elettorali permanenti che non riescono a distinguere progetti-Paese necessariamente bipartisan dal dividersi su valori e visioni del vivere comune perfettamente leciti.
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