Enzo Golino colto e pungente con leggerezza
Era quel che si dice un giornalista vecchio stile, Enzo Golino, critico e insieme studioso e insieme intellettuale sensibile ai grandi temi civili. Nato a Napoli nel 1932 e morto ieri a Roma, Golino ha fatto una lunga carriera partendo dai servizi culturali della Rai per fare tappa dal 1963 al «Corriere d’Informazione», collaboratore della pagina culturale diretta da Giuliano Gramigna e firmata da Emilio Tadini, Giuseppe Pontiggia, Oreste Del Buono e altri. «Fiancheggiatore» del Gruppo 63 e delle novità sperimentali, nel 1976 non resiste al richiamo dell’amico
Eugenio Scalfari e va a dirigere il paginone di «Repubblica», prima di seguire un altro amico, Piero Ottone, al «Corriere della Sera». Da capo della terza pagina, in alternanza con Giulio Nascimbeni, Golino lascia il campo un paio d’anni dopo, tornando alla «Repubblica», per poi accasarsi all’«Espresso». Il suo ampio e precoce sguardo sociologico è ben fotografato dai titoli dei suoi primi libri: da Cultura e mutamento
sociale (Comunità 1969) a Letteratura e classi sociali
(Laterza 1976). Non sorprende che dalle incursioni sul
rapporto tra intellettuali e mass media (La distanza culturale, Cappelli 1980) Golino arrivi al linguaggio manipolatorio del fascismo (La parola del Duce, Bur 1994): un «flash sugli anni bui», lo definiva con l’understatement che gli era proprio. Il suo libro forse di maggiore impegno è Pasolini, il sogno di una cosa (Il Mulino 1985): un’indagine critico-biografica alla luce di quella che Golino chiama la «paideia pasoliniana», cioè una vocazione educativa che illumina e anzi incendia tutta l’opera del poeta-giornalista-regista. In Tra lucciole e Palazzo (Sellerio 1995) Golino denuncerà acutamente l’iperbole celebrativa, ovvero l’«indiscriminata pasolinificazione di Pasolini». Verranno poi i libriraccolta, utilissime mappe degli ultimi decenni (la summa è Madame Storia & Lady Scrittura. Saggi cronache interviste del 2011, Le Lettere). Lo spirito polemico di Golino traspare dalle «stroncature» riunite in Sottotiro (Manni 2002, Bompiani 2013), una scelta di recensioni in negativo (accompagnate dalle repliche degli autori interessati). Mai feroce e gratuito, sempre pungente, attento a segnalare le tendenze, i filoni, gli stereotipi stilistici e sociali. E sempre con la leggerezza e la pacatezza lucida che caratterizzano anche le numerose interviste, mai aggressive o autocompiaciute (Dentro la letteratura, Bompiani 2011). Roba d’altri tempi. Obiettivamente migliori di questi, dove «intervistare significa spesso intervistarsi», osservava con ironia. E dove manca il coraggio della discussione aperta, di cui Golino era un maestro.